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La deriva del governo 

Matteo Salvini durante le consultazioni al Quirinale, a Roma, il 5 aprile 2018. (Matteo Minnella, OneShot/Luz)

Soltanto negli ultimi giorni, il neoministro dell’interno Matteo Salvini ha dichiarato che “per gli immigrati clandestini è finita la pacchia”; ha impedito l’attracco della nave Aquarius con 629 persone a bordo in un porto italiano; ha definito “una crociera” il pericoloso viaggio dell’Aquarius verso la Spagna in cerca di un approdo; ha condiviso sui suoi canali social i video del blogger Luca Donadel, già responsabile della diffusione di una serie di fake news sull’immigrazione; ha definito un “problema” l’uccisione di Giulio Regeni, una vicenda che non dovrebbe riguardare l’Italia perché “per noi è fondamentale avere buone relazioni con l’Egitto”; ha fatto visita e portato solidarietà ai due agenti responsabili della morte – a Genova il 10 giugno – dell’ecuadoriano Jefferson Tomalà durante un intervento per un tso.

Nel frattempo, negli stessi pochissimi giorni, anche l’aria che si respira in tutta Italia si è adeguata a questo clima: tre giornalisti che seguivano l’inchiesta della procura di Genova sui presunti flussi finanziari della Lega verso il Lussemburgo sono stati trattenuti e interrogati per tre ore in questura a Bolzano senza nessun motivo apparente; a Firenze, il corteo funebre di un ragazzo di 29 anni investito e morto in un incidente causato da due rom si è trasformato in una spedizione punitiva verso il campo in cui abitano i due responsabili: praticamente tutte le forze politiche hanno condannato l’intera comunità rom, indistintamente, e il sindaco Dario Nardella si è impegnato a smantellare il campo in un anno o poco più; un’insegnante di Torino, indagata per avere insultato i poliziotti durante un corteo contro CasaPound, è stata licenziata; una bibliotecaria di Todi che aveva fatto una selezione di libri per introdurre i bambini alle questioni di genere è stata rimossa dal suo incarico; a Roma la giunta comunale ha approvato l’intitolazione di una strada a Giorgio Almirante, uno dei fondatori della Repubblica sociale italiana (la sindaca Virginia Raggi è stata costretta a dichiarare che presenterà una mozione contraria per impedirlo). Si potrebbe continuare.

In un tempo limitatissimo, l’insediamento del governo ha spostato l’opinione pubblica su posizioni sempre più fasciste, determinando già alcuni fatti gravissimi.

Le forze dell’ordine si sentono sostenute dal governo con una benevolenza che è sinonimo di legittimazione dell’impunità. Varie volte, negli anni passati, Salvini si è schierato pregiudizialmente con la polizia e i carabinieri anche nei casi di abusi da loro commessi, ricorrendo allo stesso meccanismo retorico: se ci sono delle mele marce devono pagare, ma secondo me non ci sono. Per esempio nel caso delle due studentesse stuprate a Firenze (nel novembre del 2017 aveva scritto su Facebook: “Permettetemi però, fino a prova contraria, di avere dei dubbi che si sia trattato di uno stupro, e di ritenere tutta la vicenda molto ma molto strana. Sono l’unico a pensarla così?”). O sul caso di Stefano Cucchi, il ragazzo picchiato e ucciso dalle forze dell’ordine durante la sua detenzione, a maggio scorso ha detto: “Io sto sempre e comunque con polizia e carabinieri. Se l’1 per cento sbaglia deve pagare, anche il doppio. Però mi sembra difficile pensare che ci siano poliziotti o carabinieri che hanno pestato per il gusto di farlo”. Poi ha attaccato la sorella Ilaria, dicendo che “si dovrebbe vergognare” e che un suo post su Facebook in cui aveva pubblicato la foto del carabiniere indagato per la morte del fratello “fa schifo”. Inoltre Salvini ha manifestato più volte la sua vicinanza al Sap, il sindacato di polizia che ha difeso a spada tratta i poliziotti responsabili della morte di Federico Aldrovandi, e che si dice entusiasta del ministro e del programma di governo, “che nella parte dedicata alla sicurezza, riprende esattamente quelle che da anni sono le battaglie del Sap”, spiega il sito del Sap.

La forzatura di termini come populismo e antisistema da parte del governo è decisamente vicina a una prospettiva fascista

Nel suo discorso al senato, il giorno dell’insediamento, il presidente del consiglio Giuseppe Conte aveva parlato dell’alleanza tra Movimento 5 stelle e Lega rivendicandone il suo essere “populista” e “antisistema” (“Se populismo è l’attitudine della classe dirigente ad ascoltare i bisogni della gente, se antisistema significa mirare a introdurre un nuovo sistema, che rimuova vecchi privilegi e incrostazioni di potere, ebbene queste forze politiche meritano entrambe queste qualificazioni”). Nei fatti, la forzatura di termini come populismo e antisistema da parte del governo è decisamente vicina a una prospettiva fascista: limitazione delle libertà fondamentali, legittimazione degli abusi della violenza delle forze dell’ordine, razzismo esplicito, nazionalismo basato sull’idea degli italiani come una comunità di sangue.

Il fascismo funziona sempre allo stesso modo: usa le contraddizioni sociali non per innescare un conflitto di classe, ma per aizzare il conflitto all’interno della classe degli oppressi, il ceto medio impoverito, che sente di non avere più sicurezza sociale (il welfare scomparso, le misure di sostegno al reddito clamorosamente insufficienti, un ascensore sociale che invece di salire precipita in basso), contro la nuova classe proletaria (migranti ed emarginati) che i diritti sociali non li ha mai avuti.

Se la diagnosi non è difficile, la prognosi è invece molto più complessa, perché il fronte delle forze che si oppongono a questo neofascismo è invece molto diviso se non polverizzato.

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