03 maggio 2017 17:00

Gentile bibliopatologo,
recentemente è scomparso dalla mia libreria un volumetto a cui ero molto affezionato, ma che a causa della temperatura poco adatta alle ambientazioni andaluse (il libro è La casa di Bernarda Alba di Federico García Lorca) non toccavo da mesi. Sono tormentato dai sensi di colpa. Avrei potuto trattarlo meglio? Alzare il riscaldamento per ricreare artificialmente l’ambiente spagnolo? Ora ho paura che qualche altro libro decida di andarsene. Sono arrivato a svegliarmi nel cuore della notte per accertarmi che Il concetto d’amore in Agostino di Hannah Arendt non avesse tentato acrobatici tentativi di fuga dallo scaffale. Cosa mi consiglia di fare per superare il trauma?

– Victus Eremita

Caro Victus Eremita,
perdonami se faccio precipitare subito il discorso a un livello infimo, ma l’assonanza tra il titolo di Federico García Lorca e quello di un film decamerotico dei primi anni settanta, Quant’è bella la Bernarda di Lucio Dandolo, mi ha riportato alla mente un esempio cinematografico che potrebbe aiutarti, e che è perfettamente a metà quota tra le vette di Lorca e le forre della commedia sexy all’italiana.

Non so se conosci Il merlo maschio, film del 1971 con Lando Buzzanca e Laura Antonelli che Pasquale Festa Campanile ricavò da un racconto di Luciano Bianciardi. È un capolavoro. Racconta la storia di un violoncellista di scarso talento, dal nome crudelmente impegnativo di Niccolò Vivaldi, che soffre di un tormentoso complesso di inferiorità (lo stesso Bianciardi, peraltro, fa una particina nel film come violoncellista di fila, accanto a Lino Toffolo).

Tanto si sente indegno, il povero Vivaldi, da convincersi che il suo violoncello si vergogni di lui. Un giorno che non lo trova in casa, è colto da un atroce sospetto: il violoncello è scappato. Si è stancato di essere l’ultimo della fila, di fare l’accompagnamento o il rinforzo dei bassi. È un buon violoncello, di marca, e in mano a un altro poteva fare il solista. Mentre sprofonda nel delirio, Vivaldi arriva pure a pensare che il violoncello abbia preso il tram da solo.

È un sentimento della stessa famiglia di quella che il filosofo Günther Anders (primo marito di Hannah Arendt, guarda la combinazione) battezzò “vergogna prometeica”, ossia il senso di inferiorità dell’essere umano rispetto alla perfezione degli oggetti che la sua stessa tecnica ha prodotto. Anche se non hai scritto né stampato tu i volumi fuggiaschi, proprio come Vivaldi non aveva creato il proprio violoncello, senti qualcosa di molto simile: hai l’impressione che i libri siano a disagio nella tua biblioteca, che tu sia un lettore indegno, che vogliano svignarsela e trovare miglior partito.

Direi quindi che hai davanti due strade molto semplici. La prima viene dritta dalle biblioteche medievali: puoi incatenare i tuoi libri per impedir loro la fuga. È una soluzione da marito geloso, e io te la sconsiglio, anche se ti confesso che mi divertirebbe lo spettacolo di una copia di La prigioniera di Proust in ceppi su uno scaffale. A ben vedere, è anche la via scelta dalla tirannica Bernarda Alba di Lorca, che impedisce alle cinque figlie di uscire di casa e di intrattenersi con gli uomini.

La seconda strada è lasciare i tuoi libri liberi di vivere, di concedersi scorribande e avventure boccaccesche, di aprire le loro pagine a occasionali lettori adulterini, di passare qualche notte in biblioteche più calde e accoglienti. Mi scrivi che non hai toccato per mesi la Bernarda di Lorca (silenzio, lì al quarto banco!); si vede che non ne avevi desiderio, ma ora che mostri di volerla di nuovo, vedrai che troverà qualche via per tornare a te. Non c’è catena più dolce dell’amore di un lettore.

A proposito, Niccolò Vivaldi ritrova il suo violoncello sul pianerottolo di casa. Perché non controlli anche tu?

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