05 maggio 2017 12:25

Con Dallas buyers club la carriera di Matthew McConaughey ha avuto una svolta. A parte il film di Jean-Marc Vallée (che da poco ha firmato la fantastica miniserie Hbo Big little lies), basta citare tre titoli, The wolf of Wall street, True detective e Interstellar. Prima della grande svolta della sua carriera, il bravo Matthew si era già cimentato con la febbre dell’oro, almeno due volte, con risultati inquietanti. Nel 2005 in Sahara era un avventuriero alla ricerca del tesoro perduto dei confederati, mentre nel 2008 in Tutti pazzi per l’oro era un avventuriero alla ricerca del tesoro perduto della flotta spagnola. Gold è un nuovo tentativo, il terzo. Però arriva dopo la grande svolta.

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McConaughey interpreta Kenny Wells, che non è un avventuriero ma il proprietario di un’azienda mineraria che naviga in cattive acque. Kenny è vicino alla disperazione quando il tenebroso geologo Mike (Édgar Ramírez) gli prospetta la possibilità di trovare l’oro nella giungla indonesiana. Dalla triste Reno ci spostiamo quindi nell’umida foresta del sudest asiatico. Proprio quando stanno per mollare, trovano l’oro. La società di Kenny vola in alto, ma la storia non finisce qui. La morale: McConaughey di adesso fa mediamente film migliori di quelli che faceva prima di Dallas buyers club, quindi Gold è meglio di Sahara, ma questo non lo rende un grande film.

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In occasione della sua presentazione alla Mostra del cinema di Venezia del 2015, Tanna fu accompagnato al Lido dai due autori, i documentaristi australiani Martin Butler e Bentley Dean, e da una parte del cast, ovvero cinque indigeni della tribù di Yakel, villaggio dell’isola di Tanna che si trova nell’arcipelago di Vanuatu. Per qualche giorno, fino alla cerimonia di chiusura, i cinque vanuatesi si sono aggirati per il Lido, tra l’Excelsior e il casinò con i loro abiti tribali. Del resto la maggior parte della popolazione di Tanna vive secondo tradizioni ancestrali, e i protagonisti di questo film fanno parte di questa maggioranza: vivono delle risorse della loro terra, non hanno energia elettrica, acqua corrente e altri lussi. L’esperienza da documentaristi dei due autori è stata quindi d’aiuto nell’avvicinarsi agli indigeni e nel coinvolgerli nella realizzazione del film senza trasformarli in fenomeni da baraccone.

Dain e Wawa si vogliono bene, ma la ragazza è stata promessa in sposa a un giovane di un gruppo rivale, in modo da appianare una sanguinosa disputa. Ma i due ragazzi decidono di assecondare i loro sentimenti invece della volontà degli anziani. La descrizione della storia che va per la maggiore parla di “Giulietta e Romeo nel Pacifico”. Cosa che non lascia molti dubbi sulla piega che prenderà la storia. Ma ovviamente protagonisti assoluti del film sono gli indigeni, con i loro usi e costumi, e la loro terra, l’isola di Tanna, con il suo vulcano sul monte Yasur. Fantastico il lavoro dei due autori, che sono riusciti a restituire una storia vanuatese immergendola nella natura dell’isola e regalandoci di fatto un’esperienza inedita.

Inedita, come dev’essere stata l’esperienza dei vanuatesi a Venezia. La loro variopinta presenza alla 72ª Mostra ha causato curiosità e generato commenti più o meno demenziali. Ma nessuno si è preoccupato di informarsi se qualcuno di loro era un seguace del cosiddetto culto del cargo, ancora diffuso a Tanna. Questo culto sincretico millenarista nacque dopo l’arrivo degli occidentali nelle remote isole del Pacifico. In breve, associa l’avvento di navi e aerei alla fine del mondo. Culto comprensibile da un certo punto di vista, volendo ignorare tempeste e vulcani attivi che regolano la vita e la morte in queste isole da molto prima che Cook si affacciasse da quelle parti. Possiamo solo immaginare lo sgomento di un povero vanuatese seguace del culto davanti ai panfili ormeggiati sulla Riva degli Schiavoni o ai mostri da crociera che fanno manovra tra Sant’Elena e San Niccolò.

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Mi sono dilungato fin troppo. Resta lo spazio per segnalare tre uscite italiane. Arriva in poche e selezionate sale il documentario Mexico! Un cinema alla riscossa, di cui ci ha parlato diffusamente Matteo Bordone. Giuseppe Squillaci e Luca Scanferla sono gli autori di East end (da intendersi come Roma est), film d’animazione su un gruppo di ragazzini romani che per vedere il derby in streaming sposta un satellite usato dal Pentagono per seguire i movimenti di un famigerato terrorista mediorientale. Infine, per non allontanarsi troppo da Roma est, il ritorno di Daniele Vicari con Sole cuore amore interpretato da Isabella Ragonese, Eva Grieco e Francesco Montanari.

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