02 ottobre 2015 20:06

Da quant’è che sentiamo parlare di una rivoluzione industriale globale che ci starebbe portando verso un mondo di economia immateriale e verso la fine dello sfruttamento dell’Africa? A sentire l’incontro tra David van Reybrouck, autore di Congo e Nicola Lagioia, questa è una specie di illusione occidentale che continua a inverarsi forse solo perché a un colonialismo di tipo economico e politico si accompagna sempre un colonialismo di tipo narrativo.

Il Congo, dice Nicola Lagioia a Van Reybrouck, ha sempre avuto la materia prima adatta per lo sviluppo del primo mondo, e quindi di un destino di sfruttamento: gli schiavi, la gomma, l’uranio, il coltan. È possibile prevedere in futuro un’emancipazione?

Van Reybrouck è realista: il Congo continuerà a essere sfruttato se non pratichiamo una democrazia sostanziale a livello globale. Oggi per esempio ha una risorsa immensa per il futuro per un un continente sempre più arido: enormi quantità di acqua dolce. Ma di fatto non ha saputo raccogliere i frutti della sua indipendenza.

Con le sue contraddizioni il Congo è un ottimo osservatorio per capire il pianeta. Proprio per questi motivi, per combattere il colonialismo economico e politico, occorre riuscire a eliminare uno sguardo coloniale, quella forma di delirio irrazionale con cui ci rivolgiamo all’Africa con i luoghi comuni più esotici, i cuori di tenebra e così via. Mentre è vero che il terzo millennio va molto più veloce in Africa centrale che in Europa occidentale.

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