17 luglio 2015 17:51

Le manipolazioni e gli inganni sono sempre esistiti nel mondo della fotografia. Ma secondo Michael Kamber, fondatore del Bronx documentary center e curatore della mostra Altered images: 150 years of posed and manipulated documentary photography, le conseguenze legate a queste operazioni oggi stanno diventando più gravi. E questo soprattutto con l’arrivo del digitale.

Prima del digitale pochi fotografi sapevano ritoccare un’immagine ma avevano altri modi di alterare la realtà. Per esempio, nel 1936 Arthur Rothstein fu accusato di aver raccontato la siccità in South Dakota usando e spostando un teschio di bue nelle diverse inquadrature. E la famosa fotografia di Evgenij Chaldei della bandiera sovietica che sventolava a Berlino sul Reichstag, dopo l’entrata dell’Armata rossa nella città tedesca, è frutto di diverse manipolazioni riguardanti lo sfondo, l’azione e i soldati ritratti.

Oggi ritoccare un’immagine è un’azione più diffusa e più accessibile, e questo non solo tra gli amatori ma anche tra i professionisti. Un esempio recente è il progetto del fotografo italiano Giovanni Troilo, Il cuore nero dell’Europa, sulla città di Charleroi in Belgio, squalificato dopo aver vinto il primo premio nella categoria Contemporary issues al World press photo. Uno dei motivi del ritiro del premio era legato ad alcune immagini in cui le persone erano state messe in posa.

In questa occasione si è riacceso il dibattito sul confine tra arte e fotografia, e secondo Kasper la distinzione dovrebbe essere chiara. La questione è legata anche al fatto che online si trovano centinaia di migliaia di immagini spesso usate anche dai giornali senza che siano verificate le fonti.

Per esempio, ad aprile, durante gli scontri a Baltimora per la morte di Freddie Gray, un canale televisivo statunitense ha postato una foto su Facebook per descrivere la protesta e invece si trattava di un’immagine scattata in Venezuela un anno prima.

La mostra al Bronx documentary center durerà fino al 2 agosto 2015.

Internazionale pubblica ogni settimana una pagina di lettere. Ci piacerebbe sapere cosa pensi di questo articolo. Scrivici a: posta@internazionale.it