11 gennaio 2016 17:07

Dopo l’attacco giapponese di Pearl Harbor, il 7 dicembre 1941, il presidente degli Stati Uniti Franklin D. Roosevelt firmò, nel 1942, l’ordine esecutivo 9066. L’ordine stabiliva che tutti i giapponesi residenti nel territorio degli Stati Uniti, anche quelli nati in territorio americano, dovessero essere trasferiti nei “campi di reinsediamento del periodo di guerra”. Il risultato fu che almeno 120mila giapponesi, di cui i due terzi nati negli Stati Uniti, furono costretti ad abbandonare le loro case, il loro lavoro e le loro proprietà.

Tra i dieci campi che furono costruiti, il più noto è quello di Manzanar, situato ai piedi della Sierra Nevada, in California, e che ospitò oltre diecimila persone. Le condizioni di vita nel campo erano drammatiche: durante il giorno le temperature erano altissime e molto rigide di notte. E le famiglie vivevano in spazi molto ridotti.

Nel 1943 il direttore del campo Ralph Merritt offrì al suo amico, il fotografo Ansel Adams, la possibilità di documentare quello che stava succedendo a Manzanar. Adams scelse di raccontare la determinazione e la resistenza dei prigionieri, catturando momenti della loro vita quotidiana. Le foto furono poi raccolte nel libro Born free and equal pubblicato nel 1944, mentre Manzanar fu chiuso nel 1945. Nel campo morirono 146 persone.

Il centro culturale Skirball di Los Angeles ospita, fino al 21 febbraio, cinquanta immagini che Adams scattò tra il 1943 e il 1944 durante una serie di viaggi a Manzanar. Nonostante avesse pieno accesso al campo, le sue immagini dovevano ottenere l’autorizzazione della War relocation authority, un’agenzia creata appositamente durante la seconda guerra mondiale.

Adams non fu il primo a fotografare Manzanar. Un anno prima il governo degli Stati Uniti aveva commissionato delle immagini a Dorothea Lange, e il fotografo giapponese nato negli Stati Uniti Toyo Miyatake, che era stato trasferito nel campo, scattò molte foto durante la sua permanenza, oltre a essere ritratto con la sua famiglia da Adams.

Internazionale pubblica ogni settimana una pagina di lettere. Ci piacerebbe sapere cosa pensi di questo articolo. Scrivici a: posta@internazionale.it