21 gennaio 2015 18:29

Alberto Nisman, il pubblico ministero che accusava la presidente argentina Cristina Fernández de Kirchner di aver insabbiato l’inchiesta su un attacco terroristico nel paese, è stato ritrovato morto nel suo appartamento il 18 gennaio, un giorno prima della sua testimonianza davanti al parlamento in cui avrebbe dovuto presentare il suo dossier sulla presidente. Le prime ricostruzioni hanno fatto pensare a un suicidio. Ma diversi elementi smentiscono questa ipotesi. Ecco quali.

  • Le analisi fatte sul corpo del procuratore non hanno rivelato tracce di polvere da sparo sulle mani dell’uomo.
  • La pistola calibro 22 da cui sarebbero partiti i colpi che hanno ucciso Nisman non era di sua proprietà, ma gli era stata prestata da un collaboratore, Diego Lagomarsino, sabato 17 gennaio. Lagomarsino ha dichiarato che Nisman gli aveva chiesto l’arma per difendersi in caso di pericolo, nonostante avesse registrato due armi a suo nome.
  • Sul tavolo del salotto è stato trovato un biglietto lasciato da Nisman alla domestica con le istruzioni per le compere da fare il lunedì.
  • Il 17 gennaio Nisman ha scambiato alcuni messaggi su Whatsapp con il vicepresidente della Delegazione delle associazioni israelitiche argentine (Daia), Waldo Wolff, sulla presentazione che il procuratore avrebbe dovuto tenere al parlamento il lunedì successivo. Una foto inviata da Nisman a Wolff mostra una scrivania piena di carte su cui il procuratore stava lavorando.
  • Il fabbro chiamato per aprire la porta dell’appartamento di Nisman ha dichiarato che la porta di servizio era aperta. Secondo la versione ufficiale, invece, la porta di servizio era chiusa dall’interno.
  • Nisman aveva mostrato più volte preoccupazione per la sua sicurezza. L’ultima volta sabato 17 gennaio quando aveva detto alla giornalista del Clarín Natasha Niebieskikwiat: “Potrei morire per tutto questo”.
  • Il profilo psicologico di Nisman non avvalora l’ipotesi del suicidio. Lo psichiatra Hugo Marietán descrive il procuratore come un uomo d’azione, abituato a sopportare alti livelli di stress e non incline all’apatia né alla depressione.
  • A causa delle minacce ricevute, Nisman aveva dieci poliziotti di scorta, che di solito stavano davanti al portone del palazzo, invece che fuori dalla porta del suo appartamento. Ma nonostante la testimonianza che Nisman avrebbe dovuto presentare al parlamento, nelle sue ultime ore di vita la scorta non era con lui. Secondo le testimonianze degli agenti di scorta, i poliziotti hanno lasciato il procuratore da solo sabato dandosi appuntamento a domenica.

Clarín, La Nación

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