02 aprile 2015 14:33

Aver paura di volare è una cosa normale. E secondo alcuni studi può succedere anche ai piloti. Ci sono passeggeri che hanno paura di non arrivare sani e salvi a destinazione. Altri che temono non tanto uno schianto dell’aereo, quanto un crollo psicologico: hanno paura che gli venga un attacco di panico in un contesto in cui non hanno né il controllo della situazione né un modo di trovare sollievo.

Paradossalmente, è nella fase di crociera – la più sicura del volo – che la tensione psicologica è più forte.

Quando un aereo raggiunge l’altezza di crociera è lontano da terra e quindi anche dalle vie di fuga. Ed è anche il momento in cui è più probabile che si attraversino turbolenze. Quasi tutti sappiamo che possiamo gestire la paura di volare tenendoci occupati. Quando il viaggio è tranquillo, un passeggero ansioso può mantenere la calma concentrandosi su un libro, sulla musica o su un film. Ma quando si ha la sensazione che l’aereo stia cadendo, a causa di una turbolenza temporanea o di una minima riduzione di quota, il corpo rilascia gli ormoni dello stress. Questi ormoni ci costringono a fare attenzione al pericolo, cioè al fatto che siamo sospesi in aria a diecimila metri da terra.

In caso di turbolenza, un aereo può perdere quota più volte. Ogni scossa scatena una nuova scarica di ormoni e così lo stress aumenta. E se il livello di tensione aumenta diminuiscono le capacità cognitive. Senza accorgercene, perdiamo la capacità di valutare la realtà. In questo stato possiamo convincerci del fatto che l’aeroplano stia cadendo, anche se non è così, e farci prendere dal panico.

È un circolo vizioso. Chi ha molta paura di volare ha l’impressione di essere sopravvissuto a una situazione rischiosissima anche dopo un volo assolutamente normale. Lo stress lascia un’impronta nel cervello e può condizionare la mente ad associare il volo con un pericolo mortale. Anche se in seguito i viaggi in aereo saranno tutti tranquilli, si proverà comunque ansia prima del volo e durante.

La buona notizia è che questo processo può essere invertito. Per contrastare la paura di volare, il Soar, il mio programma terapeutico, aiuta i viaggiatori a disattivare il meccanismo che regola la reazione allo stress da volo.

Come si spegne questo meccanismo? Individuando una fonte di ossitocina nella vita interpersonale del soggetto. Come è risaputo, l’ossitocina, anche nota come “ormone dell’amore”, ispira sentimenti di fiducia e intimità e può interferire con la reazione di paura del cervello.

Durante la terapia consiglio ai miei pazienti di immaginare il volto, le carezze e la voce del partner

A innescare il rilascio di ossitocina nelle donne sono fenomeni come l’allattamento, la vista di un neonato per la prima volta, una buona chimica sessuale, e il guardare il proprio cane negli occhi. Negli uomini, una fonte affidabile di ormone dell’amore, oltre al proprio cane, è l’orgasmo. Così durante la mia terapia consiglio ai miei pazienti maschi che hanno paura di volare di rievocare un momento di appagamento sessuale. Gli chiedo di immaginare il volto, le carezze e la voce della partner, che sono stati tutti associati strettamente con la produzione di ossitocina.

Quando l’ossitocina entra in circolo nel cervello, l’amigdala non rilascia più ormoni dello stress, neanche davanti a qualcosa che ha imparato a percepire come pericolo. Così, collegando consciamente vari momenti dell’esperienza di volo con un momento di produzione di ossitocina, possiamo disattivare il meccanismo della paura durante il viaggio. Questo metodo funziona anche in situazioni che non hanno a che fare con gli aerei.

Spesso la paura di volare e la domanda di ansiolitici collegata ai viaggi in aereo aumentano quando un incidente fa notizia. In particolare, l’aereo scomparso della Malaysia Airlines continua a ossessionare chi ha paura di volare perché la questione non è chiusa. Ho sentito alcuni miei clienti dire: “Se quell’aereo non si trova, io non volerò mai più”.

Credo che l’incidente del volo 9525 della Germanwings, che si è schiantato il 24 marzo sulle Alpi francesi, sarà più facile da accettare. Il motivo è che una soluzione esiste ed era già stata adottata negli Stati Uniti. Quando uno dei due piloti deve uscire dalla cabina di pilotaggio, un assistente di volo entra in cabina e resta vicino alla porta. In questo modo in cabina ci sono sempre due persone e, se necessario, l’assistente può aprire la porta al ritorno del pilota.

Dal momento che queste regole saranno adottate probabilmente anche in Europa, non sembra che ci si debba preoccupare più di tanto del disastro della Germanwings. L’ansia da anticipazione può essere peggiore della paura durante il volo, e se si riesce a eliminare una fonte di ansia (per esempio cambiando una regola), si dà un grande aiuto ai passeggeri ansiosi.

Dato che quest’anno si è parlato molto degli incidenti aerei, è il caso di discutere più seriamente dell’aerofobia. Dopotutto, chi sale a bordo di un aereo affida la sua vita alle mani di un pilota e di un copilota sconosciuti e si mette in una situazione in cui non ha vie d’uscita. Dovrebbe sapere che ci sono modi di educare la mente a controllare lo stress e il panico.

(Questo articolo è uscito su Quartz. Traduzione di Floriana Pagano)

Internazionale pubblica ogni settimana una pagina di lettere. Ci piacerebbe sapere cosa pensi di questo articolo. Scrivici a: posta@internazionale.it