29 maggio 2015 13:29
Una piattaforma petrolifera nel mare Adriatico, il 21 luglio 2013. (Antonio Bronic, Reuters/Contrasto)

Il progetto del governo croato di esplorazione, ricerca e produzione degli idrocarburi nell’Adriatico divide l’opinione pubblica del paese che esprime timori sui rischi ambientali del progetto. Si teme infatti che le trivellazioni possano danneggiare l’industria turistica, la più grande risorsa economica della Croazia. Le autorità sono determinate a continuare con il piano, assegnando le licenze per le trivellazioni alle compagnie energetiche straniere. Nel gennaio 2015 il governo di Zagabria ne ha già assegnate dieci, una all’italiana Eni consorziata con la Medoilgas (con sede a Londra), sette al consorzio formato dalla Marathon Oil (con sede a Houston) e dall’austriaca Omv, una alla croata Ina e una all’ungherese Mol. Gli ultimi sondaggi indicano che il 45 per cento dei croati è contro le trivellazioni, mentre il 40 per cento è a favore, e tra questi ultimi la maggior parte vive in zone interne, lontano dalle coste.

Gli oppositori del progetto governativo hanno messo in guardia anche sui pericoli per l’ambiente, a causa del rischio di sversamenti di petrolio in mare. I sostenitori, al contrario, sostengono che il petrolio potrebbe portare miliardi di dollari all’economia croata, che dal 2009 ha dovuto fronteggiare crisi e recessione. Inoltre il petrolio dell’Adriatico potrebbe significare per l’Europa una drastica riduzione della dipendenza energetica dalla Russia.

“Questo progetto rappresenterà un miglioramento per le condizioni di vita dei cittadini croati”, ha detto il ministro dell’economia Ivan Vrdoljak. E ha minimizzato sui rischi ambientali, sostenendo che saranno applicati gli standard di sicurezza dell’Unione europea, e assicurando che le piattaforme saranno installate al largo e non saranno visibili dalla costa. Secondo il governo, la posizione strategica tra oriente e occidente potrebbe trasformare il paese in una potenza energetica regionale, come la Norvegia nel mare del Nord. Secondo le stime del governo, nei prossimi cinque anni le licenze alle compagnie energetiche potrebbero portare investimenti da 2,5 miliardi di dollari.

Intanto in Italia, la giunta regionale dell’Abruzzo, regione che condivide con la Croazia lo stesso tratto di mare, ha dato il suo parere negativo sul progetto al ministero dell’ambiente due settimane fa. “Il parere negativo della regione Abruzzo è stato espresso ritenendo che l’attuazione del piano in esame, che pianifica in tutta la porzione di mare Adriatico croato esecuzioni di rilievi sismici e perforazioni esplorative, finalizzate alla ricerca di idrocarburi, determinerà rilevanti impatti negativi sull’ambiente marino dell’intero spazio Adriatico, con ripercussioni anche per la regione Abruzzo”, si legge nella delibera.

Tra le organizzazioni a scendere in campo contro le trivellazioni, in prima linea c’è Greenpeace che ricorda che l’Italia ha vietato le trivelle nell’Adriatico nel 1991 a causa del rischio di abbassamento dei terreni costieri causato proprio dall’estrazione di petrolio o gas.

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