30 maggio 2015 11:52
Il leader del Partito popolare danese Morten Messerschmidt a Copenaghen, il 25 maggio 2014. (Peter Hove Olesen, Ap/Ansa)

Definiti “indesiderabili” o appartenenti a una “civiltà inferiore”, gli immigrati in Danimarca si scontrano con i toni aggressivi del dibattito politico sull’immigrazione, e di certo le cose non si calmeranno con l’inizio della campagna elettorale.

Il 18 giugno ci sono le elezioni politiche e secondo i sondaggi la favorita è la destra all’opposizione. Un elemento molto importante sarà il risultato del Partito popolare danese (Df), partito di destra anti-immigrazione, arrivato primo alle europee del 2014.

I suoi parlamentari fanno ricorso a parole molto dure, e i suoi critici mettono regolarmente in evidenza le frequenti affermazioni razziste. Gli stranieri che vivono in Danimarca fanno fatica ad abituarsi a questa situazione, anche se solo dieci anni fa la bandiera danese era stata bruciata da alcuni musulmani dopo la pubblicazione delle caricature di Maometto sul quotidiano Jyllands-Posten.

“Sono ebreo e quindi dico sempre ai danesi che se si sostituisce la parola ebreo con musulmano si ritorna alla Germania degli anni trenta”, spiega David Miller, uno statunitense che vive a Copenaghen.

Ma per il Df il fascismo è dell’altra parte. Alcuni parlamentari hanno paragonato il velo islamico alla croce uncinata, il Corano a Mein Kampf e affermano che l’islam è “la più grave minaccia per la nostra civiltà”.

L’ex presidente del partito Pia Kjaersgaard considera che in Danimarca alcuni quartieri “sono popolati da gente venuta da un livello di civiltà inferiore”. Il deputato europeo Anders Vistisen vede nella crescita demografica dei paesi musulmani “la più grande sfida per l’umanità”.

“Per quanto riguarda la situazione degli ebrei in Europa, i musulmani hanno ripreso il lavoro là dove Hitler si era fermato. Solo un trattamento simile a quello subìto da Hitler potrà cambiare la situazione”, aveva scritto su Twitter l’anno scorso Mogens Camre, consigliere municipale di una città della periferia di Copenaghen ed ex parlamentare europeo.

Primi nei sondaggi

In Europa il Df è forse il partito xenofobo più influente. E in una situazione di paura per l’arrivo in massa di profughi è molto probabile che i sondaggi, che gli danno quasi il 20 per cento dei voti, saranno rispettati.

Sostenendo un governo di destra dal 2001 al 2011, il Df aveva aiutato la Danimarca a dotarsi di una tra le legislazioni più rigide in Europa in materia di immigrazione. Questa volta reclamerà dei ministeri? Per ora la questione non è stata ancora affrontata apertamente.

Nel frattempo la separazione con il partito di destra più tradizionale Venstre è diventata meno netta. “C’è una grande differenza tra la capacità e la volontà di integrazione di uno statunitense o uno svedese cristiano e quella di un somalo o di pachistano musulmano che arriva nel nostro paese”, scriveva nell’estate del 2014 un influente deputato di Venstre, Inger Støjberg, che suggeriva di fare della religione un criterio nella selezione degli immigrati.

Anche i socialdemocratici, che durante la campagna elettorale del 2011 promettevano di annullare alcune disposizione contrarie all’immigrazione, hanno rivisto la loro linea. La progressione del Df tra le classi popolari è una delle ragioni di questo cambiamento.

In ottobre la loro portavoce sull’immigrazione era stata criticata per aver definito i profughi degli “arrivati indesiderabili, comunque si consideri la questione”. In marzo un manifesto del partito mostrava il primo ministro Helle Thorning-Schmidt con questo slogan: “Se venite in Danimarca è per lavorare”.

Gli attentati compiuti in febbraio da un danese di origine palestinese, Omar al Hussein, che ha ucciso due persone, hanno crudelmente messo in evidenza i problemi dell’integrazione. Come molti altri musulmani che fanno fatica a trovare un posto fisso, il giovane di 22 anni si sentiva straniero in una società nella quale non trovava il suo posto.

Due mesi prima un sondaggio aveva mostrato che il 44 per cento dei danesi provava “talvolta vergogna per il dibattito sull’immigrazione” nel paese. Per questo motivo un terzo delle persone turche o di origine turca interpellate pensa di andare via.

Il portavoce del Df sull’immigrazione, Martin Henriksen, che una volta ha descritto l’islam come “un movimento terrorista” ma che adesso preferisce parlare di “un’ideologia di conquista”, non vede perché bisogna provare vergogna. “Per alcune persone dire che il 20 per cento dei detenuti in Danimarca proviene da una famiglia musulmana è razzismo”, ha detto. “Ma questo è un fatto, è la realtà, e quindi penso che bisogna semplicemente limitarsi a dirlo e discuterne partendo da questi elementi”.

(Traduzione di Andrea De Ritis)

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