30 giugno 2015 15:48
Turisti in visita all’Acropoli di Atene. (Louisa Gouliamaki, Afp)

Il futuro dell’economia greca si deciderà nelle prossime ore e può cambiare da un momento all’altro. Il parlamento di Atene, dietro proposta del governo, ha convocato per domenica un referendum che lascia decidere ai greci se accettare o meno una serie di riforme dei creditori per ricevere in cambio nuovi fondi.

Mentre continua a trattare con Bruxelles, il premier Alexis Tsipras ha chiesto ai cittadini di votare no. Vari leader europei – tra cui il presidente della Commissione Jean-Claude Juncker e del parlamento Martin Schulz – hanno iniziato la campagna per il sì. Quali sono i principali scenari?

1. Accordo all’ultimo momento
Un accordo siglato entro la mezzanotte di oggi, appena prima di far scadere il pagamento dovuto al Fondo monetario internazionale (Fmi), permetterebbe alla Grecia di ricevere altri prestiti, di mantenersi solvente e di restare nell’euro. È la buona notizia che le istituzioni e i mercati aspettano da cinque mesi e che, dopo giorni di pessimismo, oggi sembra di nuovo una possibilità concreta.

L’ultima offerta dei creditori (i paesi dell’Unione europea, la Banca centrale europea e l’Fmi) include un alleggerimento del carico del debito in ottobre, un termine più lungo per abolire i sussidi ai pensionati più poveri e un minore aumento dell’iva sugli hotel. Ieri sera il premier Alexis Tsipras avrebbe chiamato Jean-Claude Junker che gli ha rinnovato l’offerta. I colloqui continuano questa mattina. La stampa greca dice che, anche per pressioni di alcuni suoi ministri, Tsipras sta considerando se accettare l’ultimo piano, migliorato rispetto a quello su cui ha indetto il referendum.

2. Vittoria dei sì al referendum
Un altro percorso possibile per arrivare alla stessa destinazione, cioè all’accordo finale e allo sblocco dei fondi, è quello della vittoria del sì al referendum. Se alla consultazione di domenica prossima i greci decideranno di accettare il piano di riforme e di aiuti proposto dai creditori, le trattative si chiuderebbero il giorno dopo in modo positivo.

Sul piano economico la questione si risolverebbe in modo semplice: arriverebbe il prestito da Bruxelles e Atene sarebbe salva. Ma le conseguenze politiche sarebbero assai più complesse. Il premier Tsipras e il suo partito di sinistra Syriza – il più forte del parlamento – si sono spesi per il no. Tanto che il primo ministro ha annunciato le dimissioni nel caso il risultato del referendum lo contraddicesse. “Se i greci decideranno che dobbiamo essere umiliati con altri tagli, accetterò il loro parere, ma non sarò io a farli”, ha detto Tsipras in televisione. La questione è reciproca: anche i 18 paesi dell’eurozona forse non si fiderebbero che il programma venga attuato da un esecutivo che fino a poche ora prima lo rifiutava.

3. Vittoria dei no e uscita dall’euro
Niente accordo (né oggi né lunedì 6 luglio), niente prestiti, niente rimborso. Quindi: il default. Questo scenario aprirebbe un lungo periodo di incertezza e di crisi, che terminerebbe con l’uscita della Grecia dall’euro. Si tratta di qualcosa che ancora non è mai successo. Probabilmente la Banca centrale europea sospenderebbe il programma di sostegno agli istituti greci, vista la loro insolvenza. Per un periodo (non si sa quanto lungo) i greci potrebbero accedere in modo limitato ai propri conti in euro. Intanto, la Banca di Grecia dovrebbe ricominciare a stampare le dracme. Ma con che valore? Probabilmente inferiore a prima, un fattore che comprometterebbe le importazioni dall’estero.
Certo, la rinuncia alla moneta unica e il ritorno alla valuta nazionale potrebbe avvenire anche in modo ordinato, “accompagnato” dalla Bce e con un negoziato che controlli l’inflazione. È un’ipotesi meno distruttiva, ma non eviterebbe un delicato periodo di passaggio dall’euro alla dracma.

Sui due scenari del punto 3, pende un’ulteriore incognita: la Grecia senza euro resterebbe nell’Unione europea? L’espulsione da parte degli altri stati non è prevista nei trattati e l’uscita consenziente è improbabile visto che i sondaggi dicono che i greci vogliono restare nell’Unione. Ma è difficile dire su quale base giuridica.

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