11 ottobre 2015 17:12

In Danimarca ad alcuni rifugiati è stata affidata la guida di un quotidiano per un giorno. L’obiettivo era quello di presentare un’immagine radicalmente diversa delle migliaia di richiedenti asilo che bussano alla porta dell’Europa.

“Per i politici, i rifugiati sono solo un problema da risolvere il prima possibile, e molti preferiscono farlo senza mai guardarli negli occhi”, dice l’editoriale del numero speciale di Dagbladet Information, un quotidiano progressista, che ha fatto curare un numero a un gruppo di rifugiati, che sono anche giornalisti professionisti. “Oggi sono i rifugiati che ci parlano”.

Il giornale ha messo insieme una dozzina di rifugiati, la maggior parte dei quali sono arrivati da poco nel paese, affidandogli il controllo della scelta editoriale, fornendo sostegno per le ricerche e la traduzione.

“Questa è un’occasione per mostrare ai danesi un’immagine diversa, stiamo offrendo loro un nuovo genere di articoli, scritti dai rifugiati”, ha dichiarato Dalam Alasaad, un giornalista siriano di Palmira che è arrivato in Danimarca, attraverso la Turchia nel 2014.

Il governo di coalizione danese formato dal partito liberale Venstre, sostenuto dai populisti del Partito del popolo danese, è riuscito a indurire le politiche sull’immigrazione. Questa settimana il governo ha proposto un pacchetto di nuove limitazioni nei confronti dei richiedenti asilo.

Quest’anno molti giornali europei hanno dedicato numeri speciali ai rifugiati, ma l’iniziativa danese è l’unica che permette loro di scrivere direttamente.

L’articolo di copertina del giornale, scritto da un giornalista proveniente dal Kurdistan iracheno, si occupa delle conseguenze del fatto che due terzi dei rifugiati che vengono in Europa sono uomini, e di quello che significa per le donne che vengono lasciate nei luoghi d’origine.

Il numero speciale di 48 pagine si occupa anche della “lotteria” che aspetta i nuovi arrivati nei campi profughi danesi, smonta tre miti relativi alla crisi dei rifugiati e racconta il saccheggio del patrimonio storico siriano da parte dei jihadisti dello Stato islamico.

Alcuni dei giornalisti-rifugiati hanno pagato un prezzo molto alto nel loro paese per il loro lavoro

“Di questi tempi in Danimarca non si parla altro che di rifugiati”, sostiene Lottie Folk Kaarsholm, una redattrice del giornale. “Abbiamo pensato di tacere e lasciare che fossero loro stessi a dettare il programma. Il risultato è radicalmente diverso da tutto ciò di cui stanno discutendo i politici”.

Alcuni dei giornalisti-rifugiati che hanno partecipato all’iniziativa hanno pagato un prezzo molto alto nel loro paese per il loro lavoro, sono stati incarcerati o torturati, spiega Kaarsholm. Uno dei figli di Zeinab Uzbek, una giornalista afgana, è stato ucciso come ritorsione per il lavoro scomodo di sua madre.

Dagbladet Information, una piccola testata con una tiratura di circa ventimila copie, è nata come organo della resistenza clandestina danese durante la Seconda guerra mondiale, ed è un punto di riferimento per i movimenti sociali del paese. “Questa ci sembra una cosa giusta da fare”, sostiene Kaarsholm.

I giornalisti danesi sono piuttosto omogenei da un punto di vista etnico, e la voce dei rifugiati è stata assente dalla stampa, secondo Orla Vigso, una professoressa danese del dipartimento di giornalismo dell’Università di Gothenburg. “Dagbladet Information contribuisce a colmare un vuoto, ma è impossibile pensare che altri giornali facciano lo stesso”, afferma.

Alasaad ha dichiarato che “il principale messaggio per i nostri lettori è di non avere paura, i rifugiati possono essere un bene per la società danese”.

(Traduzione di Federico Ferrone)

Questo articolo è uscito sul Guardian.

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