29 gennaio 2016 15:36

Il regista francese Jacques Rivette, uno degli ultimi esponenti della nouvelle vague, è morto oggi all’età di 87 anni. Era nato a Rouen il primo marzo del 1928 e fin da giovanissimo si era interessato al cinema: a 17 anni dirigeva già un cineclub nella sua città. Dopo essersi trasferito a Parigi, nel 1949, conobbe François Truffaut e Jean-Luc Godard. Nel 1953 iniziò a collaborare con i Cahiers du cinéma di cui fu caporedattore fino al 1965.

Uno dei suoi primi film, Susanna Simonin, la religiosa (1966), tratto dal romanzo anticlericale di Denis Diderot del 1780, ebbe un notevole successo, ma fu anche aspramente criticato e censurato. Tra le sue opere più famose L’amour fou (1969), che segue le vicissitudini matrimoniali di una coppia di teatranti che sta mettendo in scena una pièce di Racine. Il film, che dura più di quattro ore, non ebbe una normale distribuzione.

L’amour fou (1969)

Per visualizzare questo contenuto, accetta i cookie di tipo marketing.

Nel 1994 diresse il film in due parti Giovanna d’Arco, con Sandrine Bonnaire nella parte della pulzella d’Orléans. Il film offre una ricostruzione storicamente molto accurata della vicenda, evitando i luoghi comuni religiosi solitamente legati alla figura misticheggiante della santa.

Jeanne la pucelle, prima parte: le battaglie

Per visualizzare questo contenuto, accetta i cookie di tipo marketing.

In Italia, per ragioni di distribuzione, le due parti del film furono tagliate e ricucite in un solo lungometraggio di un’ora a mezza. Nel 2009 diresse il suo ultimo film, Questioni di punti di vista, con Jane Birkin e Sergio Castellitto. Il lungometraggio è stato presentato in concorso alla mostra del cinema di Venezia di quello stesso anno.

Nel 1995, intervistato da Libération, descrisse così la sua idea di cinema: “Un film è una cosa organica, è un organismo vivente come un altro. Come tutti i corpi può essere più o meno armonioso, ma la cosa davvero importante è che funzioni. Un film deve essere autonomo e vivere con i suoi difetti e, eventualmente, con le sue invalidità”.

Internazionale pubblica ogni settimana una pagina di lettere. Ci piacerebbe sapere cosa pensi di questo articolo. Scrivici a: posta@internazionale.it