31 maggio 2016 09:48

Per la riconciliazione delle due grandi potenze rivali del Medio Oriente bisognerà attendere. Il 29 maggio Ali Jannati, ministro della cultura iraniano, ha annunciato che i suoi connazionali non parteciperanno all’hajj, il grande pellegrinaggio annuale alla Mecca in programma a fine estate, e ha accusato l’Arabia Saudita di “sabotaggio”. Dopo due incontri negoziali infruttuosi, Teheran continua ad accusare Riyadh di non saper garantire la sicurezza dei suoi pellegrini. Nel settembre 2015, 2.300 persone, tra cui 464 iraniani, sono morte nella ressa gigantesca che si era creata nel principale luogo santo dell’Islam.

Dal canto suo, il regno wahabita si è difeso dichiarando che l’Iran aveva posto condizioni “inaccettabili” alla partecipazione dei suoi cittadini all’hajj: in particolare, aveva preteso “il diritto di organizzare manifestazioni”, richiesta seccamente respinta perché suscettibile di “creare il caos”.

Contestazione e tattiche

L’hajj è uno dei cinque pilastri dell’islam, unitamente alla shahada (professione di fede), alla salat (preghiera), alla zakat (elemosina) e al digiuno del mese di Ramadan. È obbligatorio rispettarlo per ogni musulmano che ne abbia la possibilità fisica e finanziaria. A questo riguardo, l’assenza in Arabia Saudita (sunnita) dei pellegrini iraniani (sciiti) non potrà che approfondire le distanze tra le due comunità, adesso che alcuni sunniti estremisti accusano addirittura gli sciiti di non essere veri musulmani.

Le relazioni tra Iran e Arabia Saudita sono peggiorate nel gennaio scorso, quando i due paesi hanno rotto le relazioni diplomatiche, dopo gli attacchi in Iran contro le sedi di rappresentanza saudite prese di mira dai manifestanti che protestavano contro l’esecuzione, avvenuta a Riyadh, del dignitario sciita Nimr al Nimr, leader della contestazione contro il regime saudita.

Resta da capire se le autorità iraniane impediranno concretamente ai loro cittadini di recarsi alla Mecca in settembre, o se l’annuncio di domenica sia una tattica negoziale per indurre Riyadh a cedere alle condizioni iraniane.

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