30 agosto 2016 14:49

Nei territori di Siria e Iraq strappati al controllo del gruppo Stato islamico (Is) sono state scoperte 72 fosse comuni. E mentre i jihadisti battono in ritirata si teme che nelle aree liberate possano essere trovati i siti di altri massacri.

Un’inchiesta condotta dall’Associated Press ha permesso di documentare e mappare almeno 72 fosse comuni. In Siria sono state identificate 17 sepolture di massa: una di queste contiene i corpi di centinaia di appartenenti di un’unica tribù, sterminata quando l’Is ha occupato la regione in cui viveva. Per almeno sedici delle fosse comuni trovate in Iraq non è possibile stimare il numero delle vittime che contengono, perché si trovano in territori troppo impervi per essere esplorati.

In altri casi le stime si basano sui ricordi dei sopravvissuti, sulla propaganda dell’Is e sulle dimensioni delle buche scavate. Il bilancio è molto incerto, ma lo stesso impressionante: da 5.200 a più di 15mila morti.

Molte fosse si trovano sul monte Sinjar, in Iraq, un territorio che i jihadisti hanno strappato alla minoranza yazida nell’agosto del 2014. In quell’area l’Is non ha fatto nulla per nascondere i suoi crimini, anzi se ne è vantato. Nei loro comunicati i jihadisti proclamavano senza mezzi termini di voler annientare la comunità yazida, colpevole di seguire una corrente non ortodossa dell’islam.

Nouri e suo figlio in un campo per sfollati a Dahuk, nel nord dell’Iraq, il 18 maggio 2016. Il marito della donna è stato ucciso nel massacro degli yazidi. (Maya Alleruzzo, Ap/Ansa)

Preservare le prove

Tuttavia, trovare le prove di quello che alcuni funzionari delle Nazioni Unite e altri osservatori hanno definito come un “genocidio ancora in corso” – e, in un secondo tempo, perseguire i responsabili – sarà molto difficile perché le tombe si stanno deteriorando. “È evidente l’intenzione di sterminare gli yazidi”, dichiara Naomi Kikoler, dell’Holocaust museum di Washington. Tuttavia, “non si è fatto praticamente nessuno sforzo per documentare i crimini, preservare le prove e assicurarsi che le fosse comuni siano identificate e protette”.

Le atrocità del gruppo jihadista non si limitano a questa regione che un tempo era abitata dagli yazidi. Le immagini satellitari mostrano con chiarezza i siti di massacri come quelli della prigione di Badoush, vicino a Mosul, in cui sono morti seicento detenuti, in gran parte sciiti. Il luogo della strage è indicato dalle tracce di terra smossa e di pneumatici da camion.

Secondo l’Ap, quasi in tutti i territori da cui è stato scacciato l’Is sono state trovate delle fosse comuni, come quella dello stadio di Ramadi. Molte sono ricoperte solo da un sottile strato di terra. C’è un solo caso in cui i jihadisti sono stati processati per i loro crimini: quello della base irachena di Camp Speicher, dove circa 1.700 reclute sono state fucilate dai jihadisti. Lo scorso 21 agosto 36 uomini riconosciuti colpevoli del massacro sono stati impiccati dalle autorità irachene nella prigione di Nassiriya.

È difficile risalire all’esatta entità dei massacri, soprattutto per quanto riguarda la Siria. I siriani che vivono nelle aree controllate dai jihadisti hanno documentato e parzialmente esumato dei corpi dalle fosse comuni, ma finché non finiranno i combattimenti non sarà possibile ottenere un bilancio attendibile delle vittime. Finora si è avuta notizia di 17 tombe ma, come afferma un giornalista di Deir Ezzor intervistato dall’Ap, “sono solo una goccia nell’oceano”.

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