15 settembre 2016 14:10

Sei mesi dopo la morte di suo marito in Siria, Maha, madre di due figli, ha preso una decisione sempre più comune in questo paese in guerra: è diventata una seconda moglie. Mentre migliaia di uomini muoiono o vanno in esilio, la poligamia e i divorzi si diffondono, come rivelano i dati ufficiali.

Maha, 31 anni, viveva nella provincia di Damasco, dove ci sono stati violenti combattimenti tra il governo siriano e i ribelli. “Dopo che mio marito è morto, colpito da spari, sono rimasta sola con i bambini, in una situazione molto difficile”, spiega la donna. “Mio cugino mi ha proposto di sposarlo e di andare a vivere con sua moglie e i bambini. È stata una decisione difficile, perché sua moglie è mia amica”.

“Nella nostra casa c’erano più donne che uomini”, spiega Mohammad, suo marito di 41 anni. “Come hanno fatto altri quattro miei amici, ho deciso di prendere come seconde mogli una vedova, per difendere la sua reputazione”. La guerra in Siria è costata la vita a più di trecentomila persone, in grande parte uomini. Il conflitto ha diviso numerose famiglie e molte coppie sono state messe a dura prova dalla povertà e dalla disoccupazione.

Una soluzione di comodo
Prima della guerra la poligamia in Siria era autorizzata, ma rara. Secondo i dati ufficiali, nel 2010 le unioni poligamiche registrate a Damasco erano il 5 per cento del totale dei matrimoni. Nel 2015 erano diventate il 30 per cento. “Molti uomini sono morti, emigrati o dati per dispersi”, spiega il giudice Mahmoud al Maarawi, capo dei tribunali religiosi che gestiscono lo stato civile in Siria. “Ci sono più donne che uomini e la soluzione, dal punto di vista legale e religioso, è la poligamia”.

Il matrimonio poligamico era diffuso nell’epoca preislamica e fu autorizzato dall’islam. Gli uomini possono sposare fino a quattro donne, a condizione che le trattino equamente. Nella pratica la poligamia è limitata ad alcuni paesi arabi per via di alcune limitazioni. In Siria, per esempio, c’era un limite alla differenza d’età tra gli sposi, e il marito doveva garantire alle diverse spose abitazioni separate. Ma, nel pieno della guerra, le autorità religiose hanno dato prova di pragmatismo. “I tribunali hanno aggirato le restrizioni imposte dal diritto civile”, spiega Al Maarawi. “E questo ha risolto dei problemi”.

Per sopravvivere Sabah al Halabi, 44 anni, ha trovato un marito di 24 anni più anziano e già sposato. All’inizio del conflitto, racconta, “il mio primo marito ha abbandonato me e i miei figli, dopo che aveva perso il lavoro a Saqba”, vicino a Damasco. “Ho divorziato e ho sposato Mamduh perché voglio una vita migliore per i miei figli”, confida la donna, che si trovava al palazzo di giustizia della capitale per registrare il suo nuovo matrimonio presso il tribunale religioso.

Abu Adnan, invece, ha sposato la donna che affittava un appartamento da lui. “Non riusciva a pagare l’affitto e ho deciso di sposarla. Era meglio che doverla mandare via”, racconta quest’uomo di 46 anni, proprietario di una grande abitazione nella parte antica di Damasco. “La mia prima moglie ha accettato perché non siamo riusciti ad avere dei figli e spera che in questo modo io possa finalmente averne uno”.

Le autorità siriane hanno registrato più di settemila divorzi nel 2015, contro i 5.318 del 2010. Un aumento del 25 per cento

In Siria il codice dello stato civile per i musulmani, che regola divorzi, matrimoni, successioni e cura dei figli, è ispirato alle leggi religiose. Cristiani e drusi si rivolgono a tribunali diversi. “Anche se in tempi normali si sarebbero rifiutate, oggi le donne accettano come marito un uomo già sposato, basta che pensi ai loro bisogni e gli offra un senso di protezione”, sostiene Leila al Sherif, esperta in psicologia sociale.

Per quanto riguarda i divorzi, le autorità ne hanno registrati più di settemila nel 2015, contro i 5.318 del 2010, con un aumento del 25 per cento. “In mancanza di risorse, molte coppie sono costrette ad andare a vivere con le loro famiglie”, sottolinea il giudice Al Maarawi. “Questo crea dei litigi all’interno delle coppie, quando uno dei due vuole emigrare e l’altro no, per paura del viaggio o dell’allontanamento dai propri cari”.

Secondo lui, in alcuni casi, lo sposo può chiedere il divorzio perché ha incontrato un’altra donna nel paese dove si è trasferito. L’avvocato Jamil Kordi spiega inoltre che l’articolo 109 del codice civile autorizza la separazione per “motivo d’assenza”: “La sposa ha il diritto di ottenere il divorzio se è in grado di provare che suo marito è assente da più un anno”.

Fawzia, 43 anni, ha aspettato più di tre anni che il marito, rifugiato in Svezia, sbrigasse le pratiche per il ricongiungimento familiare. “Ho divorziato. Non ce la facevo più ad aspettare. Ora sono libera di sposare l’uomo che desidero”, rivela la donna, che vive dai suoi genitori con i tre figli.

(Traduzione di Federico Ferrone)

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