19 settembre 2016 12:18

“Ieri Schwerin, oggi Berlino”. Alla vigilia delle elezioni amministrative nella capitale federale, sui loro manifesti elettorali i militanti di Alternative für Deutschland (Afd) avevano chiaramente espresso le loro ambizioni: ripetere il successo del 4 settembre, quando avevano ottenuto il secondo posto alle elezioni regionali nel land del Meclemburgo-Pomerania anteriore (nordest), dietro il Partito socialdemocratico (Spd), ma davanti ai conservatori dell’Unione cristiano democratica (Cdu).

Il partito populista nato nel 2013 e guidato da Frauke Petry non è però riuscito a raggiungere l’obiettivo. L’Spd rimane il partito di maggioranza con il 21,6 per cento dei voti, ma la Cdu ha fatto registrare il peggior risultato della sua storia a Berlino e molto probabilmente sarà costretta a passare all’opposizione.

Comunque, il risultato dell’Afd (14,2 per cento), al quinto posto dietro Spd, Cdu, Linke (sinistra radicale, che ha preso il 15,6 per cento) e Verdi (15,2 per cento), testimonia il suo inesorabile radicamento in Germania.

Secondo Severin Weiland dello Spiegel, l’Afd, ormai rappresentata in dieci dei sedici land (gli stati-regioni) del paese, si avvicina ancora di più al suo obiettivo, cioè entrare al Bundestag, il parlamento federale.

“Quello che abbiamo fatto questa sera – passare da zero a un risultato a due cifre – è un risultato eccezionale per Berlino”, si è rallegrato il capolista del partito, Georg Pazderski, un ex ufficiale di 64 anni, di cui 41 passati nelle forze armate. La conseguenza è che in alcuni quartieri della capitale l’Afd potrebbe ricoprire incarichi di governo, una novità assoluta in Germania.

A un anno dalle elezioni legislative questa spinta dell’Afd a Berlino – per lo più legata ai voti nelle zone periferiche della città – non lascia presagire nulla di buono per la cancelliera Angela Merkel, che paga ancora una volta il prezzo della sua generosa politica migratoria.

Tuttavia il successo dell’Afd ha i suoi limiti. Infatti, la linea del partito – al di fuori dell’islamofobia e della xenofobia, e minato da conflitti interni sia personali che strategici – è tutt’altro che chiara.

(Traduzione di Andrea De Ritis)

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