10 novembre 2016 19:00

The Hepworth prize for sculpture
The Hepworth Wakefield, Regno Unito, fino al 19 febbraio
L’immensa installazione di Phyllida Barlow, assemblata con pilastri inclinati e piastre di metallo verniciato, pesa quindici tonnellate e occupa tutta la sala. È la scultura più complessa nella storia della Hepworth, che ha inaugurato la prima edizione del Prize for sculpture con quattro candidature: Barlow, Claydon, Marten e Medalla. Il premio è il progetto più ambizioso del museo, aperto nel 2011 col mandato di promuovere l’arte e l’insegnamento della scultrice britannica Barbara Hepworth. Non è stato fissato un limite di età, nessun requisito di carriera, nessuna regola su quali debbano essere le caratteristiche di una scultura. Questo ha allargato notevolmente la rosa dei candidati. Barlow ha 72 anni e spesso distrugge le sue opere per farne altre con gli scarti. L’artista filippino David Medalla, pioniere dell’arte cinetica, è presente con tre lavori realizzati negli anni sessanta. Le sculture ansiogene di Helen Marten (trent’anni, candidata al Turner prize) sono assemblaggi intricati di ready made e oggetti artigianali: un serpente di legno in un tubo, fichi maturi infilati in una fessura, un braccialetto da ospedale. Steven Claydon sembra essere il più scultoreo ma è un inganno sensoriale. I suoi busti e maschere tribali sono imitazioni in poliuretano dipinto, nobilitate perché messe in un museo. L’unica cosa che accomuna questi quattro artisti è che tutti lavorano con materiali poco adatti agli esterni. Financial Times

Tutte le facce della Corea
Virtual Seoul
Pavillon Carré de Baudouin, Parigi, fino al 31 dicembre
Seoul di sera si trasforma in un set cinematografico e la fotografa Françoise Huguier vaga con la sua fotocamera. Un cane in tutù posa in uno studio. Una girl band ha inciso un album coprodotto da una clinica di chirurgia estetica, di cui il gruppo è testimonial perfetto. Fan eccentrici con costumi tigrati, teste da cavallo, peluche insensati. Coppie di settantenni in “colateca”, una discoteca diurna dove si beve Coca Cola. E donne, tutte rifatte, di età indefinibile. Le Figaro

Fragonard a New York
Drawing triumphant
Metropolitan museum, New York, fino all’8 gennaio
Il genio rococò Jean-Honoré Fragonard si adatterebbe perfettamente al mondo dell’arte contemporanea. Si potrebbe definire il Jeff Koons dei suoi tempi: un virtuoso così estremo da ripiegarsi su se stesso, capace di sedurre un pubblico trasversale pur rispecchiando l’autostima dei ricchi. I disegni esposti al Met sono paesaggi, ritratti, scene di vita campestre, illustrazioni erotiche con nessuna concessione all’ancien régime. Per quanto sia associato agli sprechi della corte, Fragonard si fece valere anche come imprenditore, curando i rapporti con committenti borghesi. I suoi disegni, che non sono studi ma opere autonome, avevano un ottimo mercato. Scampato alla ghigliottina nel 1790, tornò a Parigi ed entrò nello studio di Jacques-Louis David dove cercò, senza successo, di cavalcare il neoclassicismo sostenuto dal giovane collega. The New Yorker

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