29 novembre 2016 12:53

Sarà un incontro inutile o l’occasione per chiudere vecchie ferite? Dal 29 novembre, per cinque giorni, si svolge a Ramallah, in Cisgiordania, il congresso di Al Fatah, il partito più importante all’interno dell’Organizzazione per la liberazione della Palestina (Olp). Da quando fu creato da Yasser Arafat nel 1959 in Kuwait, il partito ha tenuto il suo congresso ufficiale solo sette volte. L’ultimo risale al 2009, a Betlemme.

I 1.500 delegati invitati alla riunione avranno l’obiettivo di scegliere la nuova direzione. Molto probabilmente la prossima generazione di dirigenti palestinesi sarà formata da persone più giovani e più in contatto con la realtà dei Territori occupati.

In effetti gli attuali 22 membri del comitato centrale, il più importante organo direttivo di Al Fatah, e i cento componenti del consiglio rivoluzionario hanno una certa età. Con i suoi 81 anni, il segretario generale Abu Mazen è l’incarnazione di questo gruppo di anziani che non vuole lasciare il potere. Una situazione che suscita una certa tensione all’interno dell’organizzazione. Il problema è sapere come il congresso riuscirà a gestire la successione di Abu Mazen. Il giornalista palestinese Daoud Kuttab pensa che i dirigenti presenti gli offriranno una “via d’uscita onorevole”, prospettiva nella quale invece non crede Reuven Beko, giornalista del quotidiano israeliano conservatore Israel Hayom.

Il futuro delle relazioni con Hamas
Dall’esito dell’elezione dei dirigenti di Al Fatah dipenderà più in generale il futuro delle relazioni – per ora pessime – con Hamas, il Movimento di resistenza islamico, al potere nella Striscia di Gaza dal 2007.

Oltre a questi due importanti problemi, non ancora risolti, all’ordine del giorno ci sono altre delicate questioni e in particolare l’atteggiamento da adottare nei confronti di alcuni paesi arabi (Emirati Arabi Uniti, Arabia Saudita, Egitto, Giordania) e il futuro del processo di pace con Israele.

Per Hani al Masri, direttore generale di Masarat, il Centro palestinese per la ricerca politica e gli studi strategici, l’unità nazionale non è un’opzione, ma una necessità: “Altrimenti non si potrà fare nulla per i palestinesi né in tempo di pace né in tempo di guerra”.

(Traduzione di Andrea De Ritis)

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