01 dicembre 2016 19:00

Soulèvements
Jeu de paume, Parigi, fino al 15 gennaio
La mostra allestita dal filosofo e storico dell’arte Georges Didi-Hubeerman in tre anni di ricerche, si basa sui movimenti popolari nel corso dei secoli. Didi-Huberman ha diviso in capitoli il gesto popolare che trasforma “l’immobilità in movimento, la depressione in energia, la sottomissione in rivolta, la rinuncia in gioia espansiva”. Il risultato è una lezione magistrale chiara, netta e articolata che passa dell’erudizione di grandi personalità come Henri Michaux, Man Ray e Marcel Duchamp, alle caricature popolari della rivista Le Charivari fino ai Capricci di Goya e i suoi sinistri Disastri della guerra. Si può leggere questa mostra come una ricostruzione nostalgica in un periodo inquieto e indeciso, una specie di pentimento storico che celebra la voce del popolo quando risponde a un ideale repubblicano, nel senso francese del termine. I personaggi sono molti. Messicani, come il ragazzo ucciso nella famosa fotografia di Manuel Álvarez Bravo del 1934. Francesi, come i comunardi sulle barricate di Parigi, e anche come il municipio sventrato e le altre rovine romantiche fotografate da Charles Marville nel 1871. Tedeschi, come i contadini affamati nelle incisioni dell’espressionista Käthe Kollwitz. La storia della società si svolge sotto i nostri occhi nei video struggenti di Kentridge o nella videoinstallazione di Lorna Simpson. Una riflessione necessaria oggi che lavox populi statunitense ha scelto Donald Trump come eroe nazionale. Le Figaro

Musei mobili in Ghana
Quella del museo-chiosco mobile è un’idea di Nana Oforiatta Ayim, scrittrice, regista e fondatrice di Ano, uno spazio non profit per l’arte ad Accra, capitale del Ghana. I caratteristici container che vendono cibo o rifornimenti per strada saranno trasformati in gallerie d’arte. Ayim ha collaborato con DK Osseo-Asare, un architetto che da anni porta avanti la cultura del chiosco progettando musei mobili in Ghana e Nigeria. Da dicembre Ayim porterà i suoi chioschi in dieci regioni del Ghana. Il principio è semplice. La maggior parte dei ghanesi compra pane e latte nei chioschi per strada, così nessuno sarà intimidito dall’idea occidentale del museo, una scatola bianca che non ha senso in questo paese dove l’arte gioca un ruolo diverso nella società. The Guardian

Giappone tra mari e monti
Il Kenpoku art festival nella prefettura di Ibaraki, in Giappone, coinvolge sei città: Hitachi, Takahagi, Kitaibaraki, Hitachiōta, Hitachiōmiya e Daigo. Quest’anno ottanta artisti da tutto il mondo si sono confrontati con un tema vago (“Mare, montagne e arte”) e l’unica indicazione che hanno ricevuto era di creare oggetti e installazioni inserite in paesaggi marini, montani e urbani (centri commerciali, scuole chiuse, musei). Obiettivo: far convergere arte, tecnologia e comunità. Zadok Ben-David ha installato elaborate miniature botaniche creando un giardino fiorito, Jung Hye-Ryun un tubo luminoso in un tunnel ispirato alle cascate di Fukuroda, Wang Te-Yu un’enorme sfera interattiva animata di vita propria. Art Radar

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