12 dicembre 2016 11:57

L’aveva già pensato arrivando al potere nell’agosto 2010? Difficile immaginarlo. Il 10 dicembre a Oslo, in Norvegia, il presidente della Colombia Juan Manuel Santos ha ricevuto il premio Nobel per la pace per gli sforzi fatti per arrivare a un accordo con le Forze armate rivoluzionarie della Colombia (Farc).

Dal 1964 il governo di Bogotá e i ribelli marxisti sono impegnati in una guerra di logoramento che ha fatto 260mila morti e ha provocato la fuga di otto milioni di persone. Un conflitto mortale che per molto tempo ha reso illusoria qualunque prospettiva di riconciliazione.

Nel corso di una cerimonia emozionante, il capo dello stato colombiano ha ringraziato la comunità internazionale per il suo sostegno e attraverso il premio che gli è stato attribuito – definito “un dono del cielo” – ha reso un sentito omaggio alle vittime del conflitto.

E adesso? La pace è effettivamente a portata di mano? Santos ci crede fermamente. “Grazie a questo accordo è possibile dire che dall’Alaska alla Patagonia, il continente americano è una terra pacifica”, ha dichiarato il presidente colombiano.

Ma non tutti sono disposti a seppellire l’ascia di guerra con le Farc. Come dimostra il voto contrario al referendum del 2 ottobre, quando i colombiani hanno rifiutato l’accordo (con il 50,2 per cento dei no). Alcuni, tra cui l’ex presidente Alvaro Uribe (2002-2010), ritengono che i termini dell’accordo siano troppo indulgenti nei confronti dei guerriglieri. In seguito al referendum, l’accordo è stato rivisto e ratificato dal congresso il 30 novembre.

Nel frattempo tra “santistas” (sostenitori del presidente Santos) e “uribistes” la battaglia infuria sui social network. I primi lodano la caparbia volontà di pacificazione del presidente, i secondi criticano la sua slealtà, accusandolo di aver abbandonato il paese al terrorismo.

Giornalista e consigliere editoriale presso la rivista colombiana Semana, Marta Ruiz ritiene che la strada verso il disarmo sia molto difficile a causa delle posizioni antitetiche delle due parti. Per la giornalista le prossime elezioni presidenziali nel 2018 rappresenteranno un secondo e ultimo referendum sull’accordo.

Per la radio Rcn un grande lavoro attende Santos, descritto come “il Nobel che deve ancora arrivare alla pace”.

(Traduzione di Andrea De Ritis)

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