24 gennaio 2017 12:08

Nuovo partner, nuove regole. Donald Trump non ha fatto in tempo a insediarsi nello studio ovale che Israele ha annunciato la ripresa della colonizzazione a Gerusalemme Est, la parte di città occupata nel 1967 dall’esercito israeliano dopo la guerra dei sei giorni e poi annessa nel 1980. Il 22 gennaio è arrivata l’autorizzazione definitiva alla costruzione di 566 alloggi nei quartieri di Pisgat Zeev, Ramot e Ramat Shlomo, un progetto che era stato bloccato a dicembre su richiesta del primo ministro conservatore Benjamin Netanyahu, in attesa della fine del mandato di Barack Obama.

Alla fine degli anni sessanta, quando cominciarono i primi esperimenti di colonizzazione, il governo israeliano non era favorevole all’insediamento di religiosi ebrei a Hebron, vicino alla Tomba dei patriarchi, luogo santo dell’ebraismo, dell’islam e del cristianesimo. La presenza dei religiosi doveva essere solo “temporanea”. Nel corso degli anni, però, un numero sempre maggiore di ebrei si è trasferito in Cisgiordania (che Israele chiama Giudea-Samaria), invocando motivi religiosi, storici e di sicurezza. Per i palestinesi questa presenza è un ostacolo fondamentale a un accordo di pace e alla creazione del loro stato.

Più rassicurati
I palestinesi hanno criticato l’iniziativa israeliana come una palese violazione della risoluzione 2334 adottata il 23 dicembre dal Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite e che condanna “la costruzione e l’espansione delle colonie”. Ma con l’arrivo alla Casa Bianca del repubblicano Trump, le cui simpatie per Israele sono evidenti (ha detto di essere favorevole al trasferimento dell’ambasciata statunitense da Tel Aviv a Gerusalemme), i leader israeliani si sentono rassicurati, quasi intoccabili.

Nir Barkat, il sindaco di Gerusalemme ed esponente del Likud (il partito di Netanyahu), non ne fa mistero. Dopo “otto anni difficili caratterizzati dalle pressioni dell’amministrazione Obama”, la costruzione delle colonie può proseguire, ha assicurato Barkat. E la soluzione a due stati sembra sempre più lontana.

(Traduzione di Andrea De Ritis)

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