15 agosto 2015 17:59
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Il delizioso e delicato Jigeumeun matgo geuttaeneun teullida (titolo internazionale: Right now, wrong then) del sudcoreano Hong Sang soo ha vinto il Pardo d’oro del 68° festival del cinema di Locarno. Tra i registi più sottili nell’esaminare le relazioni umane, Sang soo ha presentato la sua ennesima variazione, dal sapore musicale, sulla nascita del sentimento amoroso o sull’aborto di esso.

Intriso di cultura europea, e francese in particolare, questa commedia malinconica film fa pensare ad Alain Resnais, più che al cinema di Rohmer come altre volte, ma anche al portoghese Manoel De Oliveira, recentemente scomparso a più di cento anni di età. Come in altri film dello stesso direttore, il protagonista è un regista di film d’autore, che incontra casualmente una giovane pittrice: chiunque riconoscerà nel bel cineasta timido e impacciato, ma buon bevitore, il regista stesso. Il film è diviso in due parti, e la seconda parte è una varazione fatta di piccoli elementi della prima: in una, è la donna a innamorarsi del regista sposato, nella seconda è invece l’uomo, ricambiato. Evidente il richiamo a Smoking/No smoking di Alain Resnais (1993), tratto da una pièce teatrale di Alan Ayckbourn, dove l’accensione o la non accensione di un sigaretta dava luogo a un decorso dei macro-avvenimenti della vita radicalmente diversi.

Una scena di Right now, wrong then, che ha vinto la 68° edizione del festival del cinema di Locarno. (Google)

In qualche modo quello che Hong Sang soo ama fare nei suoi film, soprattutto nei lungometraggi degli ultimi anni, qui viene duplicato all’interno dello stesso film. Right now, wrong then è insomma un film doppio. Ma che riga dritto, nella sua piccola ma prodonda riflessione morale.

Tutto parte dal piccolo, per abbracciare l’Universale, un po’ come in Bella e perduta di Pietro Marcello, anche se con un registro stilistico diametralmente opposto. A rimarcare che il regista parte dal minimale per andare verso la totalità, questo film è ambientato in una cittadina di provincia, Suwon. Sono luoghi che l’autore sa sempre molto ben caratterizzare, anche se la centralità è sempre dato alle persone.

Il protagonista è un regista di film d’autore, timido e impacciato, che incontra una giovane pittrice

Ma questo gioco di specchi (narrativi) è anche un piccolo e raffinato apologo sugli universi o i mondi paralleli (raggiungendo il film Cosmos): dove tutto quello che è giusto è forse solo apparenza, idealizzazione, illusione, cioè fiction e quindi cinema. Le opere di Sang soo sono sempre, o quasi, opere d’interrogazione sul cinema e assieme opere d’interrogazione sulla realtà e sulla sua intrinseca ambiguità. Quello che è sbagliato diventa invece giusto, perché è la realtà prosaica, mesta più ancora che triste. Nel narrare queste commedie umane, c’è sempre la combinazione sapiente di una sorta di elegia e della disperazione, due opposti che si sorreggono l’uno all’altro, come se Hong Sang soo, schizofrenicamente (ma forse è la nostra schizofrenia) amasse e al contempo odiasse questo piccolo mondo mediocre.

Il regista resta quindi un vero maestro nel raccontarci i destini umani con il nulla dei movimenti della vita e dei comportamenti umani – in un equilibrio sempre sottile tra ironia, disperazione e poesia – constatandone sempre la dimensione terribile quanto misteriosa.

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