25 novembre 2011 16:00

C’era una volta un sarto furbo che si prese gioco di un imperatore e lo convinse a farsi cucire un abito magico, che solo i saggi potevano vedere. L’imperatore ci cascò e si mostrò completamente nudo davanti ai ministri. “Che ne pensate di questo abito magico che solo i saggi possono vedere?”, chiese il re. Alcuni ministri, che temevano di far arrabbiare l’imperatore, risposero: “Un abito meraviglioso, vostra Maestà”. Ma in sala c’era anche un bambino, che parlò con la voce dell’innocenza: “Di che abito state parlando? Il re è nudo”. I ministri cercarono di far tacere il bambino, ma lui continuò a gridare: “Il re è nudo”. Alla fine picchiarono il bambino e lo cacciarono via.

Questa fiaba contiene molti messaggi. I ministri, terrorizzati dall’imperatore, negano la realtà. Il bambino, che non vuole niente e non ha paura di niente, dice la verità e le rimane fedele. In questo momento in Egitto sta succedendo qualcosa di simile. C’è stata una grande rivoluzione che ha deposto Hosni Mubarak, e la giunta militare ha preso il potere per un periodo di transizione. Con le sue decisioni l’esercito è riuscito a sottomettere gli egiziani e a seminare discordia tra le forze rivoluzionarie. La giunta militare è riuscita inoltre a conquistare il favore di politici e partiti che temevano il suo potere o desideravano ottenerne una fetta. Gli unici rimasti fedeli alla rivoluzione sono i giovani che sono scesi in piazza per primi pagando con il sangue la loro sete di libertà. Questi veri rivoluzionari sono come il bambino coraggioso che disse la verità all’imperatore nudo.

Mi rattrista che i manifestanti di piazza Tahrir siano vittime di un nuovo massacro. In quale paese al mondo è possibile uccidere o accecare con proiettili di gomma le persone solo perché esprimono la loro opinione? Questi crimini contro l’umanità sono punibili dalla giustizia internazionale, e i criminali che li hanno commessi non sfuggiranno alla punizione. Il nuovo massacro ordinato dalle forze di sicurezza svela alcune verità. Innanzitutto che il consiglio supremo delle forze armate è stato parte integrante e complice del regime di Mubarak per tutta la sua durata. La giunta militare non ha partecipato alla rivoluzione. Dovrebbe essere chiaro a tutti che è stata la rivoluzione a dare all’esercito la legittimità di governare durante il periodo di transizione. Ma sfortunatamente i militari da agenti della rivoluzione si sono trasformati in tiranni.

Scelte sbagliate

Ora i vertici militari hanno un potere assoluto in Egitto perché detengono sia la funzione esecutiva sia quella legislativa, e sono gli unici responsabili di quello che è successo in Egitto dopo l’uscita di scena di Mubarak. L’illegalità e il disordine, le aggressioni violente, l’aumento dei prezzi, il peggioramento dell’economia e il declino del turismo: sono tutti problemi creati dalle scelte sbagliate compiute dai militari. Inoltre, la giunta militare ha represso con violenza i rivoluzionari ma ha avuto un atteggiamento morbido verso gli ex collaboratori di Mubarak. I poliziotti che hanno ucciso centinaia di egiziani e ne hanno feriti a migliaia durante la rivoluzione, l’ex ministro dell’interno Habib al Adli e perfino lo stesso Mubarak hanno ottenuto il privilegio di essere giudicati da tribunali civili con processi equi. Invece i giovani rivoluzionari sono giudicati in tribunali militari sulla base di accuse pretestuose.

Il consiglio supremo delle forze armate non fa distinzioni tra il regime e lo stato, e considera il crollo del passato regime come una distruzione dello stato egiziano. Questa confusione concettuale spiega perché difenda fino alla morte il regime di Mubarak. I militari non hanno rimosso dal loro incarico né i comandanti corrotti della polizia né i magistrati che avevano avallato i brogli elettorali. Si sono rifiutati di sciogliere il Partito democratico nazionale, l’ex partito di Mubarak. Gran parte dei funzionari dello stato sono gli stessi del regime e la loro permanenza al potere è un pericolo per l’Egitto.

Inoltre i militari non sono stati imparziali nei rapporti con le forze politiche. Applicano le leggi solo in alcuni casi, sorvegliano da vicino le fonti di finanziamento delle coalizioni di giovani rivoluzionari e delle organizzazioni della società civile, mentre i Fratelli musulmani e i gruppi salafiti spendono ogni giorno un sacco di soldi per la campagna elettorale, senza che nessuno gli chieda da dove arrivino.

Quello che succede oggi in Egitto è evidente: il consiglio supremo delle forze armate vuole risuscitare il regime di Mubarak, invece di demolire il vecchio sistema corrotto e costruirne uno più giusto e degno di rispetto. I militari, però, non hanno capito che dopo la rivoluzione gli egiziani si sono liberati dalla paura e non accetteranno di sottomettersi all’ingiustizia per sempre. Adesso il dovere di tutti è restare uniti per salvare la rivoluzione. Le divisioni politiche devono essere rimandate a vantaggio dell’unità: solo così si riuscirà a costringere la giunta militare a formare una coalizione di governo rivoluzionaria che possa portare all’elezione di un’autorità civile. L’Egitto non tornerà indietro. La democrazia è l’unica soluzione.

*Traduzione di Giusy Muzzopappa.

Internazionale, numero 925, 25 novembre 2011*

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