08 febbraio 2016 19:17

Qabatya si trova nel nord della Cisgiordania, nella regione di Jenin relativamente libera da insediamenti e soldati israeliani. Tre settimane fa è lì che ho incontrato la famiglia di Mohammed Nazzal, un ragazzo rimasto ucciso mentre cercava di accoltellare un soldato. “Se avesse completato i suoi studi di scienze l’avrei considerato un eroe”, mi ha detto suo padre, visibilmente provato. L’uomo è paralizzato da quando un soldato israeliano gli sparò alla schiena, all’epoca della prima intifada.

Tutti e sei i ragazzi di Qabatya rimasti uccisi dopo aver cercato di accoltellare dei soldati hanno frequentato la stessa scuola. Tre di loro andavano ancora al liceo. Quindi le autorità locali e le forze di sicurezza legate ad Al Fatah, il partito al potere, hanno raggiunto la scuola per parlare con gli studenti e convincerli a mettere fine agli attacchi suicidi. “La lotta palestinese ha bisogno di voi, ma vivi”, hanno detto.
Purtroppo, non è servito a niente.

Il 3 febbraio altri tre ragazzi del villaggio sono rimasti uccisi durante un attacco, questa volta compiuto con coltelli e pistole. Sono riusciti a entrare a Gerusalemme senza permesso, ma sono stati fermati da un’agente vicino a uno degli ingressi della città vecchia. Quando lei gli ha chiesto i documenti, loro le hanno sparato, uccidendola. Gli altri poliziotti presenti sono intervenuti immediatamente abbattendo i tre ragazzi. Adesso non mi resta che cercare di capire se anche loro frequentavano la stessa scuola.

(Traduzione di Simon Dunaway)

Questo articolo è stato pubblicato il 5 febbraio 2016 a pagina 10 di Internazionale, con il titolo “La scuola di Qabatya”. Compra questo numero| Abbonati

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