05 settembre 2016 18:01

Le gambe lunghe e sottili erano distese, e solo la stampella mi ha fatto capire che D non era un semplice visitatore, ma uno dei molti feriti che ero venuta a incontrare per ascoltare e raccontare la loro storia. Negli ultimi due anni l’esercito israeliano ha intensificato l’uso delle armi da fuoco contro i ragazzi che cercano di opporsi alle incursioni notturne nei campi profughi e nei villaggi. I cecchini sparano alle gambe: le pallottole rompono le ossa, squarciano i muscoli, bruciano i tendini e i nervi.

Questi giovani, che a volte hanno meno di 16 anni e affrontano con coraggio l’esercito invasore, sono sostanzialmente abbandonati alle conseguenze, ai costi e alle complicazioni sanitarie e burocratiche delle loro azioni.

Ho incontrato D per la prima volta a Dheisheh, a sud di Betlemme, nella casa di un ragazzo di 15 anni appena tornato dall’ospedale. I suoi sorrisi sembravano quasi nascondere il dolore. Un soldato israeliano gli aveva sparato a entrambe le gambe da vicino. All’inizio D aveva un atteggiamento ostile. “Prima gli ebrei ci sparano e poi vengono a parlare con noi”, ha detto. Poi, man mano che la conversazione andava avanti, si è ammorbidito. Al posto di “ebrei” ha cominciato a usare la parola “israeliani”, e anche il suo sorriso testimoniava il cambiamento d’umore. Il mio sorriso, invece, era un segno di gratitudine. Poi ci siamo incontrati molte altre volte e, ora che l’articolo è stato pubblicato, mi ha chiesto al telefono: “Continuerai a venire a Betlemme, vero?”.

(Traduzione di Andrea Sparacino)

Amira Hass sarà al festival di Internazionale a Ferrara dal 30 settembre al 2 ottobre 2016.

Questa rubrica è stata pubblicata il 2 settembre 2016 a pagina 29 di Internazionale. Compra questo numero | Abbonati

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