13 febbraio 2017 19:00

Per una volta, stamattina ho ricevuto un sms che esprimeva felicità. Me l’ha mandato l’avvocata Quamar Mishraqi Asad. Da oltre dieci anni Quamar rappresenta gli abitanti dei villaggi palestinesi i cui terreni sono minacciati dalle politiche israeliane e dagli attacchi dei coloni. Un tempo era a capo della squadra di avvocati dei Rabbini per i diritti umani, ma oggi ha fondato un nuovo gruppo chiamato Haqel (“campo”, in arabo).

Uno dei loro clienti è Fawzi Ibrahim, abitante del villaggio di Jalud, a sud di Nablus, in Cis­giordania. L’ho incontrato per la prima volta nel 1998, quando duecento dei suoi ulivi erano stati sradicati da “ignoti”. Le aggressioni dei coloni in Cisgiordania negli anni duemila hanno costretto l’esercito a intervenire: da allora un ordine militare impedisce ai palestinesi di raggiungere i loro terreni. Le battaglie legali contro questa assurdità hanno fatto sì che oggi gli agricoltori possano accedere ai loro terreni, ma solo due o tre volte l’anno e accompagnati dai soldati. Una barzelletta. Dall’inizio di gennaio Quamar sta cercando di far ottenere a Ibrahim cinque giorni di semina e aratura nel suo campo, ma il comandante militare è contrario. Ho inviato una richiesta di chiarimenti ai portavoce dell’esercito. Mi hanno risposto con una bugia. Ho fatto presente che era una bugia. Hanno risposto con una bugia ammorbidita.

Mercoledì mattina ho pubblicato un breve articolo e la situazione si è sbloccata. Quamar, felice, me lo ha comunicato stamattina.

(Traduzione di Andrea Sparacino)

Questa rubrica è stata pubblicata il 10 febbraio 2017 a pagina 22 di Internazionale, con il titolo “Una piccola vittoria”. Compra questo numero| Abbonati

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