27 marzo 2017 18:22

Dopo avervi tenuto per una settimana con il fiato sospeso, vi dico subito che alla fine il permesso di R per entrare a Gerusalemme è arrivato. Sono andata a prenderlo personalmente per evitarle l’attesa al checkpoint di Qalandia.

Come le aveva spiegato il medico palestinese, ci siamo presentate alle 16 all’ospedale israeliano di Hadassa per incontrare un “medico russo” di cui non ci era stato detto il nome, come se ci trovassimo in un ambulatorio di campagna. Ma al nostro arrivo non abbiamo trovato nessun dottore russo. A quel punto ci hanno mandate in accettazione, dove abbiamo scoperto che R non era mai stata registrata. Mi sono smarrita nel labirinto di corridoi e impiegati. Non oso immaginare come avrebbe fatto R da sola. Mi sono chiesta: mi sono persa qualche informazione importante o ci sono state altre omissioni?

Alla fine abbiamo scoperto che, per ragioni che non riesco a immaginare, il medico dell’ospedale palestinese non aveva fissato un appuntamento per R. Così ho riportato lei e la sorella a Ramallah. Un altro appuntamento è stato fissato per questa settimana, questa volta speriamo per davvero.

La burocrazia dell’occupazione è già abbastanza complicata (e ingiusta) di per sé. Poi bisogna aggiungere la stanchezza degli impiegati palestinesi, che inconsciamente interiorizzano la natura umiliante e indifferente di questa burocrazia. Intanto R vive da tre mesi con la consapevolezza che la leucemia è tornata, senza ricevere cure.

(Traduzione di Andrea Sparacino)

_Questa rubrica è stata pubblicata il 24 marzo 2017 a pagina 22 di Internazionale__._ Compra questo numero_|_ Abbonati

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