24 settembre 2013 09:20

Faremo molte discussioni su temi sensibili (sensitive topics), quindi la nostra aula dev’essere uno spazio sicuro per imparare e dibattere idee. Per favore, rispetta gli altri ascoltando con attenzione e articolando le tue idee con tatto. Per favore, non interrompere gli altri quando stanno parlando.

  • Presupponi che le intenzioni siano buone.

  • Dissenti senza essere sgradevole. Rimproverare, svergognare e attaccare non è okay.

  • Pratica il pensiero “e – e” (both – and), invece del pensiero “o – o” (either – or).

  • Sii pienamente presente. Spegni il mondo esterno.

  • Parla a partire dalla tua prospettiva personale.

  • Sii responsabile di te stesso: allontanati dalle tue certezze (comfort zone) ma non avventurarti in aree pericolose (danger zone).

  • Ascolta, ascolta, ascolta. E poi formula una risposta.

  • Porta in classe la tua umiltà, perché ciascuno di noi ha dei punti ciechi.

  • Considera il candore altrui come un dono.

Questo paragrafo mi cattura lo sguardo. Si intitola “Regole della classe e della comunità”. Sta scritto sul programma del corso di American studies in literature tenuto da Ms.Tseng in una scuola superiore del New England. Magari lo si potrebbe importare anche da noi, pari pari.

Il paragrafo è preceduto dall’invito a leggere sempre con una penna in mano per appuntarsi subito domande e pensieri. A segnare le parole incomprensibili, i passaggi preferiti e quelli controversi. A prendere appunti durante la lezione. È seguito dall’esortazione a rivolgersi all’insegnante per qualsiasi dubbio o spiegazione extra, per email o di persona (c’è anche un numero di telefono diretto), dall’invito a dare contributi significativi e da una spiegazione delle conseguenza per chi trasgredisce.

Bene. Oltre a confessarvi che mi piacerebbe proprio seguire qualche lezione di Ms. Tseng e arrivare in classe col mio libro pieno di sottolineature, vorrei segnalare due cose.

La prima riguarda il dare esplicite indicazioni di metodo (di studio e prima ancora di pensiero) e di comportamento, e il farlo in modo chiaro, empatico, concreto, dettagliato e non burocratico: una strategia efficace, e troppo spesso trascurata, per ottenere i comportamenti desiderati e per indicare che il come si studia e si ragiona è importante come il cosa e il quanto si studia. Qualche volta, secondo me, ancora di più.

La seconda riguarda l’invito a coltivare il “pensiero e – e”. Fra le indicazioni, mi sembra la più notevole sotto il profilo dello sviluppare la creatività individuale, la capacità di lavorare in gruppo, la tolleranza. Riguarda il non intrappolarsi nella ”

fallacia della falsa scelta”, cioè nell’attitudine a ragionare solo per opzioni contrapposte, ignorando ogni sfumatura intermedia e ogni opzione ulteriore e restringendo di conseguenza ogni ambito di scelta e di progetto a due sole alternative, entrambe di solito insoddisfacenti. La pagina inglese di Wikipedia dedicata al false dilemma vi offre qualche informazione in più.

La fallacia della falsa scelta deriva spesso da un errore di prospettiva. Il piccolo esperimento di tracciare sopra la vostra testa un cerchio con l’indice in senso orario, e di continuare a tracciare il cerchio abbassando il braccio fino ad avere la mano davanti agli occhi (in che senso va il cerchio, adesso?) vi dice che molti falsi dilemmi si sciolgono come neve al sole se si considerano le cose cambiando punto di vista o integrando prospettive diverse.

E, per esempio, ci si potrebbe ripromettere di partire sempre dalla prospettiva sulle prospettive proposta dall’ottima, saggia Ms. Tseng ai suoi studenti, di là dal mare.

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