25 maggio 2015 11:37

Prima di continuare a leggere questo articolo provate a fare un brevissimo esercizio mentale (ci vogliono pochi secondi): immaginate che la vostra mente sia un luogo in cui potete entrare e muovervi. Immaginate di arrivare proprio là dove c’è la parte che chiamate “memoria”. Poi, guardatevi attorno.

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Bene: a che cosa somiglia quello che avete visto? È come una biblioteca? Come un magazzino? Come una soffitta piena di bauli misteriosi? È come una centrale di controllo fitta di schermi? Come il laboratorio di un alchimista? O come una caverna piena di tesori, o una foresta? O vi si è presentata un’altra immagine ancora? O più immagini insieme?

Vi ho appena proposto di pensare alla vostra memoria non in termini puramente astratti e funzionali (memoria = capacità degli organismi viventi di conservare traccia di informazioni e condizioni psicofisiche sperimentate in passato), ma di dare consistenza, rilievo e globalità alla vostra individuale percezione costruendo un’analogia visiva.

Le analogie – ne abbiamo già parlato – sono strumenti utili per interpretare i fenomeni. La memoria è un attrezzo “fenomenale” in molti sensi, e il fatto che sia davvero fenomenale dipende anche da come la percepite e la usate. Dunque, portate con voi la vostra analogia mentre continuate a leggere: può darsi che, terminata la lettura, scopriate che nel frattempo si è un po’ modificata.

Ciò che tutti comunemente chiamano “memoria” è un sistema complesso: ci sono memorie a breve e a lungo termine (la capacità di ricordare un numero di telefono quanto basta per digitarlo tutto di fila, e la capacità di recitare una filastrocca imparata da piccoli). Ci sono memorie procedurali (come si guida un’automobile). Ci sono memorie autobiografiche (tutti i ricordi di una vita), memorie sensoriali (suoni, odori). C’è la memoria semantica, che vi fa riconoscere suoni e parole nelle lingue che conoscete. Ci sono le false memorie.

Ma non solo. Tutto quanto sta nella memoria si modifica nel tempo (e non necessariamente perché certi elementi vengono dimenticati): giorno dopo giorno, nuove informazioni si aggiungono a quelle che già si possiedono e ne cambiano la rilevanza e il senso.

Già nel 1600, scrive Armando Massarenti, l’idea di memoria come puro archivio dove reperire materiali utili alla costruzione del pensiero si trasforma in una percezione più complessa: la memoria è una “macchina per l’invenzione”, non solo un serbatoio di informazioni e saperi utili ma uno strumento di nuova conoscenza, “capace di generare sempre nuove informazioni sulla base di quelle già presenti”.

Molti pensano che la memoria sia l’esatto opposto della creatività, scrive Keith Sawyer, perché le cose che si ricordano “esistono già”, mentre la creatività riguarda ciò che è nuovo. Non è così. Poiché niente nasce dal niente, e poiché la creatività è ars combinatoria e consiste in nuove (e appropriate) combinazioni di elementi esistenti, la memoria è il luogo che rende possibile il verificarsi del processo creativo. Dunque, la memoria non c’entra solo con il passato prossimo o remoto, ma anche con il presente e con il futuro.

Scienziati e artisti ricombinano costantemente frammenti di conoscenza che conservano nella memoria, come leggiamo su Brain Pickings, ma perché questo accada la memoria deve funzionare in modo potente, attivo e selettivo. Questo significa che quanto viene ricordato è accuratamente catalogato e altamente interconnesso.

Tra l’altro, e per inciso: una delle funzioni cruciali dell’istruzione, e della scuola, consisterebbe non tanto nel trasmettere nozioni e informazioni, ma nell’aiutare a interiorizzare modi e strumenti cognitivi utili a riconoscere, valutare, catalogare e connettere tra loro le informazioni rilevanti. Imparare serve a poco se non si capisce che cosa si sta imparando, e perché, come si collega con tutto quanto già si conosce e come lo cambia.

Ma anche l’aspetto – per così dire – più ancillare della memoria, cioè la memoria di lavoro, o a breve termine, ha una funzione maggiore (e più creativa) del ricordare per qualche istante numeri di telefono: persone che hanno una buona memoria di lavoro – ne scrive Psychology Today – sono capaci di generare più idee nuove sia in generale, sia focalizzandosi su un particolare ambito. Sembra che la capacità di comprendere testi e l’abitudine alla lettura siano correlati positivamente con la memoria a breve termine. Un motivo di più, se ce ne fosse bisogno, per passare qualche tempo tra le pagine di un libro.

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