24 novembre 2014 08:02

In ritardo ma rispettando i tempi fissati in estate, la situazione in Europa comincia a evolvere. Finalmente consapevole dei rischi di deflazione e accettando i consigli della Francia, del Fondo monetario internazionale, degli Stati Uniti, della maggior parte degli economisti e soprattutto dei 28 paesi dell’Unione, la Germania ha smesso di ostacolare il rilancio delle economie europee. Ora l’Europa unita si orienta verso investimenti sul futuro paneuropei, nazionali e franco-tedeschi.

L’evoluzione avverrà in tre tempi. Il 26 novembre la nuova Commissione europea presenterà al Parlamento di Strasburgo una bozza del piano di investimenti da 300 miliardi di euro per cinque anni promesso da Jean-Claude Juncker quando ancora non era candidato alla presidenza dell’esecutivo europeo. Con la garanzia dell’Unione, la Banca europea d’investimento fungerà da colonna vertebrale del nuovo corso. I contributi degli stati membri saranno esclusi dal conto delle spese di bilancio in modo da permettere ai governi nazionali di non superare il tetto del deficit che si sono collettivamente impegnati a rispettare. L’obiettivo è quello di investire nei progetti paneuropei.

Il 27 novembre entreranno in scena Francia e Germania con la pubblicazione delle proposte d’investimento comuni e riavvicinamento delle rispettive economie affidate a due economisti, il francese Jean Pisani-Ferry e il tedesco Henrik Enderlein. Le proposte saranno esaminate singolarmente ed eventualmente approvate il 2 dicembre prossimo a Berlino dai ministri delle finanze e dai banchieri centrali dei due paesi.

Seguiranno le inevitabili polemiche sia a Parigi sia a Berlino, ma resta il fatto che la Germania accetterà un po’ di Keynes e di rilancio della spesa mentre la Francia accoglierà un po’ di Adam Smith e di deregolamentazione del mercato del lavoro.

Come sempre accade in Europa, si va verso un compromesso tra visioni diverse. È una buona notizia, perché a questo punto dobbiamo assolutamente abbandonare l’assurda e sterile opposizione tra la necessità di mettere ordine nei conti pubblici, quella di saper spendere per garantire il futuro e quella di deregolamentare se l’accumulo di normative frena la crescita. Non sarà facile, ma dobbiamo riuscirci perché è ormai indispensabile infondere un minimo di movimento, di coerenza e di rilancio alle economie europee. Intanto qualcosa si muove. Era ora.

(Traduzione di Andrea Sparacino)

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