07 gennaio 2015 08:20

La condanna è stata decisa e unanime. Anche se i cortei organizzati dai Patrioti europei contro l’islamizzazione dell’occidente (Pegida) sono manifestazioni di paura e di rifiuto dell’altro circoscritte e limitate, restano ugualmente preoccupanti perché i ranghi del movimento si infoltiscono sempre di più. Per questo la reazione non è arrivata solo dalla cancelliera Angela Merkel.

“Non seguite coloro che invitano a partecipare a queste manifestazioni, perché troppo spesso sono animate da pregiudizi e odio”, ha dichiarato Merkel nel suo discorso dell’anno nuovo. Nella giornata di ieri Helmut Schmidt e Gerhard Schröder, predecessori socialdemocratici della cancelliera democristiana, sono stati tra le cinquanta personalità del mondo dell’arte, della politica e dell’economia a firmare un appello simile pubblicato e approvato dalla Bild, il più diffuso quotidiano popolare della Germania. Nella maggior parte delle città le contro-manifestazioni sono state molto più ampie rispetto ai cortei di Pegida, sul cui percorso le luci della cattedrale di Colonia e della Porta di Brandeburgo sono state spente in segno di disapprovazione.

La Germania ha reagito in modo ammirevole, ma il vigore di questa reazione non deve farci dimenticare la realtà. In Europa monta la paura dell’islam, non solo in Germania ma anche in altri paesi, dalla Grecia alla Svezia passando per la Francia. Si tratta di una paura irrazionale e preoccupante. Se i musulmani europei fossero tutti terroristi e fossero in maggioranza (o comunque un numero significativo) potremmo anche capire. Il sangue scorrerebbe nelle strade d’Europa e i morti si conterebbero a migliaia ogni giorno. Ma non è questa la realtà che vive oggi il vecchio continente. I musulmani d’Europa non sono diversi dagli altri europei. Oggi sono sempre meno praticanti, e nonostante qualche battuta d’arresto si stanno integrando nei rispettivi paesi di adozione o di nascita.

Come tutti gli immigrati, in tutte le epoche storiche e a tutte le latitudini, anche i musulmani svolgono i lavori più umili, almeno fino a quando i loro figli non fanno carriera o emergono nel mondo dello sport e delle arti. Ma allora qual è il problema?

Il problema è che in periodi di difficoltà economiche come quello attraversato attualmente dall’Europa le persone venute da fuori sono sempre mal viste. Inoltre bisogna considerare la legittima inquietudine suscitata dalla follia sanguinaria dei jihadisti. Ma davvero pensiamo che cacciando i musulmani ritroveremo la crescita? Davvero crediamo che maltrattando i musulmani e trasformandoli in nemici (dando ragione in questo modo ai jihadisti) riusciremo a sconfiggere il fanatismo? Porsi queste domande equivale a trovare una risposta.

(Traduzione di Andrea Sparacino)

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