30 gennaio 2015 08:48

Poteva scoppiare una nuova guerra, ma alla fine il pericolo è stato scongiurato. Dopo l’omicidio di due soldati in un’incursione di Hezbollah sul loro territorio, martedì scorso, gli israeliani avevano mostrato i muscoli e annunciato rappresaglie. A sua volta Hezbollah prometteva altri attacchi, ma nonostante le dichiarazioni aggressive le due parti in causa si sono impegnate per spegnere l’incendio.

Attraverso la Finul, la forza delle Nazioni Unite dislocata alla frontiera israelo-libanese, Hezbollah ha fatto sapere agli israeliani che non voleva mettere in moto una spirale di violenza. Lo stesso canale è stato utilizzato dagli israeliani per garantire a Hezbollah che anche loro non volevano un’escalation dello scontro. Alla fine la ragione ha prevalso sulla legge del taglione, ma perché?

Difficile dirlo con precisione, perché ci sono i fatti e ci sono le supposizioni. Un fatto assodato è che il grosso delle truppe di Hezbollah è impegnato da due anni in Siria a fianco del regime di Assad. Per quanto sia ben equipaggiata, l’organizzazione politico-militare sciita libanese, armata e finanziata dall’Iran, difficilmente potrebbe combattere contemporaneamente su due fronti. Al contempo gli israeliani sono consapevoli del fatto che i missili forniti dall’Iran a Hezbollah possono colpire Tel Aviv molto più duramente dei razzi utilizzati a Gaza da Hamas in estate.

Questi due fatti hanno convinto i contendenti a non alimentare lo scontro, ma possiamo anche supporre che i leader iraniani più moderati siano intervenuti per non compromettere ulteriormente il negoziato sul nucleare con le grandi potenze. Potremmo inoltre immaginare che il regime siriano non abbia voluto rischiare che Hezbollah si trovasse costretto a richiamare le truppe mettendo in grave difficoltà Bashar al-Assad. In sostanza una convergenza di cause ha smorzato la tensione, e ora che la minaccia è stata sventata l’attenzione si sposta sul fronte interno israeliano.

Come dicevamo ieri, infatti, a un mese e mezzo dalle elezioni del 17 marzo il fronte della pace sogna la vittoria. I sondaggi gli concedono un pugno di seggi di vantaggio rispetto alla coalizione di destra ed estrema destra guidata da Benjamin Netanyahu, ma in ogni caso nessuna delle due coalizioni sembra poter ottenere la maggioranza assoluta. Mentre la tensione cresce, i partiti politici degli arabi israeliani provano a superare le divergenze e a presentare una lista comune. Se ci riuscissero, potrebbero mobilitare gli arabi convincendoli a tornare alle urne (abbandonate da tempo) guadagnando abbastanza seggi da costituire un gruppo influente al Knesset. Sarebbe uno sviluppo inedito, una vera rivoluzione dalle conseguenze potenzialmente enormi. Staremo a vedere.

(Traduzione di Andrea Sparacino)

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