26 febbraio 2015 08:37

Il compromesso raggiunto dalla Grecia e dai suoi partner dell’eurozona dovrebbe essere accolto con gioia, e invece, stranamente, assistiamo a reazioni insoddisfatte. C’è chi si stupisce che un governo considerato radicale e di estrema sinistra si sia impegnato a non aumentare il debito del suo paese. Altri annunciano che la Grecia si è “piegata alle esigenze di Bruxelles”. Altri ancora, tra cui Marine Le Pen ma anche elementi dell’estremità opposta dello spettro politico, temono un “tradimento” da parte del governo di Atene.

Ognuno è libero di pensare ciò che vuole, ma l’ignoranza dimostrata da questi commenti è stupefacente. Per caso Syriza ha vinto le elezioni promettendo che avrebbe portato la Grecia fuori dell’Unione e dell’euro? Assolutamente no.

Il partito di Alexis Tsipras ha sempre detto che la Grecia sarebbe restata nell’eurozona “di cui non siamo affittuari ma co-proprietari”. Syriza voleva semplicemente che le condizioni del piano di aiuti alla Grecia non fossero più dettate da funzionari ma discusse a livello politico tra i partner europei e che soprattutto fossero meno brutali per permettere ad Atene di alleggerire il peso del debito rilanciando la sua crescita economica attraverso l’aumento del potere d’acquisto. Secondo il nuovo governo dev’essere la Grecia, non il resto dell’eurozona, a decidere dove e come bisogna tagliare le spese.

Fin dall’inizio era chiaro che si sarebbe arrivati a un compromesso che, per sua natura, non poteva corrispondere in toto alle richieste del governo greco. Come accade in ogni negoziato, Tsipras aveva avanzato grandi richieste per poter avere un margine di manovra. In questo senso è assurdo criticare Atene per aver fatto alcune concessioni.

Resta da capire se la riforma dello stato e la lotta all’evasione fiscale permetteranno a Syriza di mantenere le promesse sul rilancio del potere d’acquisto, ribadite nel compromesso con l’Europa. Il governo greco potrebbe anche non farcela, ma questo non significa che non dobbiamo esultare davanti a un partito proveniente dall’estrema sinistra che ha saputo raggiungere un compromesso e che vuole modificare in Grecia e in Europa (attraverso la trattativa e non con la rottura) politiche che l’Fmi, la nuova Commissione europea, la maggior parte degli economisti, tutta la sinistra europea, gran parte della destra e anche gli Stati Uniti considerano ormai socialmente insostenibili e soprattutto controproducenti.

La Grecia non si è affatto piegata. Al contrario, partecipa a un’evoluzione in corso in tutta Europa, un’evoluzione troppo lenta che Atene ha accelerato pur restando consapevole che precipitando le cose c’è il rischio di far crollare la trattativa. Ognuno è libero di pensare che questo governo ha tradito se stesso, ma la verità è che gli ultimi arrivati della politica europea hanno dimostrato di avere più saggezza e lungimiranza di coloro che li criticano con tanta leggerezza.

(Traduzione di Andrea Sparacino)

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