21 aprile 2015 09:06

L’8 maggio del 1945 la Francia celebrava la vittoria alleata. Nella stessa giornata, a Sétif, nell’Algeria orientale, all’epoca sotto il dominio francese, i nazionalisti algerini osavano scendere in piazza per chiedere l’indipendenza.

Le manifestazioni furono represse violentemente. Decine di migliaia di algerini furono trucidati, mentre un centinaio di pieds-noirs (persone con la cittadinanza francese ma nate in Algeria e rimpatriate in Francia nel 1962) morì per mano degli algerini. Fu la prima battaglia della guerra d’Algeria, un conflitto spaventoso che ha influito a lungo sui rapporti tra Parigi e Algeri. Domenica scorsa, però, il segretario di stato francese per gli ex combattenti Jean-Marc Todeschini ha deposto un mazzo di fiori a Sétif davanti al monumento che ricorda la prima vittima di una guerra inutile e abominevole.

Todeschini ha compiuto un gesto che sarebbe stato impensabile fino a poco tempo fa, ma non è solo il tempo ad aver reso possibile questo omaggio. Certo, sono passati più di cinquant’anni dall’indipendenza dell’Algeria, ma oggi le relazioni tra i due paesi sono più distese soprattutto grazie al fatto che Parigi e Algeri condividono le stesse paure.

I jihadisti spadroneggiano sempre di più in Libia, uno stato a pezzi che vorrebbero trasformare in un bunker da cui partire all’assalto della Tunisia, dell’Algeria e del Sahel. L’Africa subsahariana è da tempo il bersaglio delle incursioni dei jihadisti, che vorrebbero approfittare della sua fragilità per impiantarvisi. Su questo fronte Francia e Algeria agiscono mano nella mano, dando vita a una collaborazione diplomatica e militare.

Lontano dal ricordo della Françafrique, assistiamo all’affermazione della “FranciAlgeria”, un’alleanza strategica tra due paesi che condividano la lingua e la storia, ma anche le difficoltà attuali.

La Francia deve affrontare un elevato tasso di disoccupazione e una crescita debole, ma ad Algeri non se la passano certo meglio. L’Algeria non sa più dove sta andando. I militari che governano dall’indipendenza invecchiano sempre di più, mentre il presidente Abdelaziz Bouteflika, insediato dall’esercito nel 1999 e fortemente limitato da un ictus, governa soltanto a intermittenza. Il paese, intanto, continua a sprofondare nella sclerosi e nell’immobilismo.

I vertici del potere algerino sono corrotti, ma in fondo lo è tutto il paese, dalle forze dell’ordine ai cittadini comuni che vendono la propria rassegnazione in cambio di sovvenzioni e aumenti di stipendio. Finora i redditi derivati dal petrolio hanno mantenuto questo meccanismo, ma con il calo del prezzo al barile questa politica è diventata semplicemente folle. Ad Algeri le cose vanno male, ma allo stesso tempo non possiamo dimenticare che questo paese ha già attraversato il caos (rivolta popolare, ascesa islamista e bagni di sangue) che colpisce oggi il resto del mondo arabo, e per questo potrebbe presto avviarsi sulla via del cambiamento.

Non sappiamo cosa ci riserverà il futuro, ma sappiamo che oggi Francia e Algeria sono più vicine che mai.

(Traduzione di Andrea Sparacino)

Internazionale pubblica ogni settimana una pagina di lettere. Ci piacerebbe sapere cosa pensi di questo articolo. Scrivici a: posta@internazionale.it