14 maggio 2015 09:03

È una semplice offerta, una proposta di compromesso che per sua natura è insoddisfacente ma che è anche realista e necessaria. Martedì il segretario di stato americano John Kerry ha dichiarato che le sanzioni economiche imposte alla Russia dopo l’annessione della Crimea potrebbero essere cancellate se saranno rispettati gli accordi di Minsk.

La Russia non ha reagito, o quantomeno non lo ha fatto pubblicamente. Tuttavia è molto significativo che Kerry abbia rilasciato le sue dichiarazioni proprio a Soči, in Russia, dove è stato ricevuto da Vladimir Putin dopo aver incontrato due volte il ministro degli esteri Sergej Lavrov dando vita a un dialogo “franco e produttivo”, ovvero acceso ma utile.

In questo momento non abbiamo elementi per pensare che l’offerta di Kerry sarà accettata dal Cremlino, e in un certo senso sarebbe sorprendente se lo fosse. Tuttavia resta il fatto che la proposta è ufficialmente sul tavolo e risponde agli interessi dei due paesi e alla necessità di pacificazione in Ucraina e in altre aree di crisi.

Alle prese con gravi difficoltà economiche legate alle sanzioni e al calo del prezzo del petrolio, la Russia avrebbe l’occasione di uscirne a testa alta ottenendo che gli Stati Uniti (e di conseguenza anche l’Europa) considerino persa la Crimea pur senza riconoscere l’annessione. In questo modo lo status di potenza imprescindibile a cui la Russia tiene tanto sarebbe conservato, e Putin potrebbe trionfare sulla scena interna sottolineando che aveva ragione a non temere nulla nella partita ucraina. A beneficiare di un processo di questo tipo, naturalmente, sarebbe anche l’economia russa.

Non sarebbe esattamente un successo del diritto, quanto piuttosto una vittoria del fatto compiuto. Tuttavia l’obiettivo degli Stati Uniti non ha nulla di immorale, perché gli americani vogliono innanzitutto arrestare il bagno di sangue in Ucraina prima che la crisi destabilizzi l’Europa intera. Inoltre Washington vuole assicurarsi il sostegno della Russia per concludere definitivamente il negoziato con l’Iran sul nucleare e ottenerne la collaborazione nella ricerca di una soluzione alla crisi siriana, che passa inevitabilmente per il ritiro di Bashar al Assad, l’uomo a cui Mosca ha concesso finora un sostegno incrollabile ma che potrebbe essere sacrificato senza problemi se i russi lo ritenessero vantaggioso.

Gli Stati Uniti, insomma, hanno proposto un quid pro quo a Vladimir Putin, come ha ammesso esplicitamente John Kerry sottolineando che “non c’è alternativa se non quella di parlare direttamente alle persone che prendono le grandi decisioni, soprattutto in un periodo complesso e instabile come questo”. Sergej Lavrov e Kerry si sarebbero “accordati per concentrarsi su un unico obiettivo: fare in modo che le persone che hanno firmato gli accordi del 12 febbraio (quelli di Minsk) li rispettino”. Il segretario di stato americano ha offerto un pegno a Putin prendendo le distanze da qualsiasi ipotesi di controffensiva ucraina e sottolineando che “il ricorso alla forza sarebbe estremamente distruttivo” in questo momento del conflitto. Gli Stati Uniti hanno fatto la loro mossa. Ora la palla passa ai russi.

(Traduzione di Andrea Sparacino)

Internazionale pubblica ogni settimana una pagina di lettere. Ci piacerebbe sapere cosa pensi di questo articolo. Scrivici a: posta@internazionale.it