03 settembre 2015 09:56

Tra la Grecia, l’Ucraina e l’afflusso di migranti, l’Europa sembra condannata ad affrontare crisi sempre più gravi e sempre più numerose. Questo fenomeno ha diverse ragioni, e la prima è che le frontiere meridionali e orientali dell’Unione sono segnate da un’instabilità crescente da cui l’Europa non sembra potersi difendere. I governi e i cittadini europei, di conseguenza, cadono preda di un’angoscia sempre più forte. In secondo luogo le politiche di risanamento imposte da governi prevalentemente conservatori – sempre più impopolari, contestate e contestabili – sono ormai associate all’idea di unità europea, e dunque sempre più elettori subiscono la tentazione di un ritorno agli stati nazione, alle frontiere e all’individualismo.

Le istituzioni europee, tra l’altro, restano troppo incomprensibili, tanto che nemmeno i cittadini più aggiornati riescono a capirci qualcosa. Ma il principale motivo di questo stato di crisi perenne è un altro: l’Unione è ancora un progetto incompiuto. L’Europa ha una moneta unica, regole economiche condivise, frontiere e trattati che legano gli stati in molti campi, e per volontà dei suoi cittadini ha il sopravvento sui governi nazionali, che oggi prendono le decisioni più importanti a maggioranza nel Consiglio europeo. Viviamo in una federazione in divenire, che però non ha un governo eletto che sia responsabile davanti agli elettori né politiche sociali e fiscali comuni. L’Unione, insomma, è costretta ad affrontare sfide che sono più grandi di lei e per cui non ha i mezzi istituzionali né finanziari.

Se l’Europa unita non è ancora crollata è soltanto perché gli europei avrebbero troppo da perdere (e lo sanno benissimo), ma il progetto sta continuando a indebolirsi, e se non sarà rifondato potrebbe definitivamente spegnersi. François Hollande, Angela Merkel ed Emmanuel Macron chiedono la trasformazione dell’eurozona in un’unione politica all’interno dell’Unione europea, nell’avanguardia di un’unità più profonda. Francesi e tedeschi hanno ragione, bisogna fare qualcosa e al più presto. Ma si tratterebbe di un cambiamento fin troppo astratto e istituzionale, che di sicuro non potrà mai riconciliare l’Europa e gli europei.

La cosa più urgente, in questo senso, è ridare un significato all’ambizione europea parlando chiaramente dei suoi vantaggi e delle sue difficoltà, dei pericoli che la minacciano e dei suoi bisogni. Dobbiamo recuperare il lirismo visionario di cui la politica odierna è tragicamente sprovvista e rispondere ai bisogni concreti, incontestati e incontestabili. Due esempi: l’Europa deve avere una difesa comune e un’università d’eccellenza internazionale capace di rivaleggiare con Harvard o Princeton. Cosa stiamo aspettando?

(Traduzione di Andrea Sparacino)

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