10 febbraio 2016 09:25

Il continente che chiamiamo Europa è essenzialmente composto dall’Unione europea e dalla Federazione russa. In teoria questi due gruppi, che condividono la stessa cultura, dovrebbero essere legati da accordi di sicurezza e cooperazione per garantire la reciproca prosperità e la stabilità continentale, da Brest a Vladivostok.

Sarebbe perfettamente logico, perché ciascuno ha qualcosa di cui l’altro ha bisogno, un’abbondanza di materie prime nel caso della Russia e industrie all’avanguardia nel caso dell’Unione. Organizzando la loro complementarità l’Unione e la Federazione potrebbero fare passi da gigante, ma questo sogno di una “casa comune europea” che era stato di Michail Gorbačëv si è perso nel rancore e nella paura reciproca.

Sete di vendetta

Oggi l’Unione e la Federazione si ritrovano l’una contro l’altra in Ucraina come in Siria, tanto che il 9 febbraio il capo dei servizi statunitensi ha parlato di un “ritorno alla guerra fredda”.

Le cause di questo conflitto risalgono alla fine degli anni ottanta, quando né i russi né gli occidentali avevano creduto alla sincerità di Gorbačëv. Gli occidentali si erano rifiutati di aiutare il presidente russo a gestire la transizione democratica a cui aspirava. All’evoluzione incarnata dal nuovo leader, i russi e gli altri popoli sovietici avevano presto preferito la rivoluzione proposta da Boris Eltsin.

Invece di comprendere il desiderio di affermazione della Russia gli occidentali hanno continuato a snobbarla

Guidata da un alcolizzato senza alcuna lungimiranza, la Russia aveva perduto improvvisamente un impero secolare per entrare in un periodo di privatizzazioni selvagge, di dominio del denaro e di subordinazione nei confronti degli Stati Uniti. Nella sua lunga storia la Russia non era mai stata così umiliata, e quando Eltsin è stato travolto dagli scandali e dall’alcol la sete di vendetta dei russi ha portato al potere una giovane spia sostenuta dagli imprenditori e dai servizi segreti.

Con Vladimir Putin sono arrivati al potere i ranghi minori del Kgb, quei piccoli marescialli che non avevano compreso il cambiamento, accusavano Gorbačëv di aver abbassato la guardia e detestavano la libertà, a cominciare da quella dei mezzi d’informazione.

Ritornata all’autoritarismo, la Russia ha nuovamente voltato le spalle ai suoi legami con l’Europa. Gli occidentali, dal canto loro, hanno perso l’ennesimo treno. Invece di comprendere il desiderio di affermazione della Russia hanno continuato a snobbarla. Invece di proporre a Mosca un modus vivendi comune e soddisfare gli imprenditori e le élite russe, si sono comportati come se il paese più vasto del mondo fosse sparito dalle carte geografiche. Dalla Georgia alla Siria passando per l’Ucraina, Putin ha cercato di fargli tornare la memoria.

Per questo non sorprende l’emergere di un revanscismo russo, tanto più inquietante se consideriamo che gli Stati Uniti sono impegnati in Asia e l’Unione si perde nelle nostalgie nazionali. Malgrado le sue casse vuote, la Russia vive un momento d’ebbrezza, mentre l’Unione si scioglie. Entrambe le potenze pagheranno le conseguenze di questo errore. Il danno, ormai, appare fatto.

(Traduzione di Andrea Sparacino)

Internazionale pubblica ogni settimana una pagina di lettere. Ci piacerebbe sapere cosa pensi di questo articolo. Scrivici a: posta@internazionale.it