12 aprile 2016 09:25

Israele e la Turchia sono sul punto di normalizzare i loro rapporti. I turchi lo hanno annunciato l’8 aprile, mentre nella giornata dell’11 la notizia mi è stata confermata da un alto funzionario israeliano, che ha parlato di un’attesa massima di un mese e mezzo e ha ammesso che esiste una forte volontà di arrivare a un accordo da parte di entrambi i governi.

Voltando pagina dopo il raid mortale del 2010 condotto dai soldati israeliani sulle imbarcazioni turche che cercavano di rompere il blocco di Gaza, gli israeliani vogliono riconciliarsi con il primo paese musulmano ad aver riconosciuto il loro stato, un paese membro della Nato con cui in passato hanno coltivato stretti rapporti economici e militari anche sotto il governo islamico-conservatore di Recep Tayyip Erdoğan.

Dal canto loro i turchi otterrebbero grandi vantaggi da una riconciliazione, perché sono ai ferri corti con la Russia e in freddo con gli Stati Uniti, a cui rimproverano di aver appoggiato l’indipendentismo dei curdi siriani. In questo contesto, Ankara ha urgente bisogno di alleati.

Tutti i vantaggi per Ankara

Il riavvicinamento con Israele permetterebbe al governo turco di avere accesso a una tecnologia d’avanguardia, di consolidare la sua posizione internazionale (come ha già cominciato a fare con l’accordo sui profughi con l’Unione europea) e soprattutto di sostituire alla fornitura energetica dalla Russia, diventata ormai intermittente, il gas di Israele, che si prepara a sfruttare enormi giacimenti sottomarini.

Tutto sembra favorire questa riconciliazione, ma resta da risolvere la questione degli aiuti umanitari diretti che i turchi vorrebbero portare a Gaza. Gli israeliani non sono più categoricamente contrari, ma pretendono che la Turchia prenda le distanze da Hamas e che le consegne possano essere controllate su una piattaforma in alto mare.

Lo stato ebraico e i sunniti hanno un nemico comune, l’Iran, che ha appena firmato l’accordo sul nucleare con le potenze occidentali

L’operazione è complessa ma le difficoltà logistiche potrebbero essere superate in ragione del desiderio comune di trovare un accordo, che tra l’altro non sarebbe solo bilaterale perché oltre agli interessi di turchi e israeliani favorirebbe l’alleanza di fatto tra Israele e i paesi sunniti.

Inimmaginabili fino a ieri, i contatti tra Israele e Arabia Saudita si moltiplicano, e non è più raro sentire dire a Riyadh che gli israeliani non sono più i primi nemici del mondo sunnita. Questo perché lo stato ebraico e i sunniti hanno ormai un nemico comune, quell’Iran il cui riavvicinamento con gli occidentali li preoccupa profondamente.

A Riyadh come a Gerusalemme la sensazione è che gli statunitensi e gli europei siano stati troppo ingenui e che l’accordo sul nucleare potrà al massimo ritardare l’accesso di Teheran alla bomba, permettendo al regime iraniano di ricostituire le sue finanze e rilanciare la sua missione di alimentare la ribellione nel mondo sunnita.

È per questo che Egitto, Turchia, Qatar e Arabia Saudita stanno rafforzando i loro legami e che il riavvicinamento tra Israele e Turchia ha la benedizione dell’Arabia Saudita.

(Traduzione di Andrea Sparacino)

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