03 novembre 2016 09:30

Per quanto improbabile, la vittoria di Donald Trump alle presidenziali statunitensi è ancora possibile. Ormai i sondaggi sono talmente fluttuanti che non possiamo dare niente per scontato fino alla notte tra l’8 e il 9 novembre. L’unica certezza è che, grande o piccola, maggioritaria o meno, una parte consistente degli americani vorrebbe l’elezione di un uomo volgare, ignorante e lunatico, di un irresponsabile inadatto alla presidenza quanto un analfabeta lo è alla vittoria del premio Nobel. È qualcosa di sorprendente, di inquietante, ma ci sono motivazioni precise alla base di questa realtà.

Come nel resto del mondo, anche negli Stati Uniti le disuguaglianze non sono mai state così nette nell’ultimo secolo. Il salario medio si è ridotto, mentre i profitti dei grandi imprenditori sono sempre più osceni. Il costo degli studi universitari è talmente elevato che, fatta eccezione per i figli delle famiglie più ricche, gli studenti si affacciano al mondo del lavoro con un debito di diverse centinaia di migliaia di dollari.

La presenza di tanti immigrati clandestini e il libero scambio con paesi in cui la manodopera non pesa sui bilanci creano una forte pressione sui salari degli operai e dei dipendenti. La presenza ridotta dello stato e il calo degli investimenti pubblici fa diventare obsolete le strutture collettive. Tutto questo crea una forte insicurezza e un rancore sociale sempre più forte. E non è tutto.

Più Trump attacca l’establishment, i mezzi d’informazione e la politica tradizionale più l’America in difficoltà lo sostiene

Come accade nel resto dell’occidente, anche negli Stati Uniti bisogna fare i conti con un divario culturale crescente tra i ceti popolari e la classe urbana più istruita. I secondi si preoccupano, a giusto titolo, della discriminazione che continua a colpire le donne, mentre i primi sono penalizzati dal calo dei salari degli uomini che, tra le classi meno abbienti, spesso sono ancora gli unici responsabili del sostentamento della famiglia. L’evoluzione dei costumi, in altre parole, ha i suoi emarginati, gli stessi che sono colpiti dalla crescita del pil.

Metà degli Stati Uniti si sente penalizzata dalle evoluzioni economiche e sociali che la colpiscono duramente nei suoi interessi e nella sua identità. Oggi esistono due Americhe, ed è la più sfortunata ad aver trasformato Donald Trump in un eroe. Più Trump attacca l’establishment, i mezzi d’informazione e la politica tradizionale (repubblicana e democratica) più quest’America in difficoltà lo sostiene, anche se ne percepisce gli eccessi.

Ma il “trumpismo” non è un fenomeno solo americano. È una realtà occidentale che si afferma in tutta Europa, dove la costante crescita dell’estrema destra è legata alle stesse ragioni. Per questo non dobbiamo sentirci rassicurati dalla probabile vittoria di Hillary Clinton o, un domani, dal fallimento di Marine Le Pen al secondo turno delle elezioni presidenziali francesi.

I prossimi tentativi di questa nuova corrente potrebbero avere maggiore successo. Il pericolo resta lì, rampante, crescente. L’unico modo di scongiurarlo è stimolare gli investimenti pubblici, sostenere un commercio equo e rimettere in funzione l’ascensore sociale tornando alla decenza nella ripartizione dei redditi.

(Traduzione di Andrea Sparacino)

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