09 novembre 2016 12:17

È una svolta storica. E per tre motivi.

Il primo è che la politica estera degli Stati Uniti, la prima potenza economica e militare del mondo, sarà dettata dall’isolazionismo e dall’unilateralismo. L’America del presidente Trump non si sentirà più responsabile per la stabilità internazionale. Quando saranno in gioco i suoi interessi agirà da sola, senza essere vincolata dalla carta delle Nazione Unite o dalla ricerca del consenso degli alleati, in special modo europei.

Trump lo ha ribadito incessantemente durante la sua campagna elettorale: “America first”, prima l’America. A questo punto è possibile che il presidente cerchi una nuova intesa con la Russia per lasciare campo libero a Vladimir Putin in Ucraina e in Siria a condizione che Mosca non sfidi gli Stati Uniti in altre aree, dall’Asia all’Europa occidentale. Con Trump alla Casa Bianca potremmo assistere a una nuova divisione del mondo. A farne le spese sarebbero siriani e ucraini, ma anche la solidità della Nato. Il nuovo presidente, infatti, ha detto chiaramente che non è più disposto a permettere che i contribuenti statunitensi finanzino la protezione di paesi alleati che non vogliono investire nella difesa.

Il secondo cambiamento in arrivo è che gli Stati Uniti volteranno le spalle alla lotta contro il riscaldamento globale (Donald Trump non ci crede) e ai grandi accordi sul libero scambio di cui l’America sottolineava la necessità da più di 25 anni. Gli accordi sono impopolari tanto negli Stati Uniti quanto in Europa, e Trump non vuole sentirne parlare perché ha promesso ai suoi elettori di proteggere le fabbriche e i posti di lavoro americani dalla concorrenza straniera. Il mondo sembra avviato a un ritorno del protezionismo, i cui pericoli però sono ancora più grandi di quelli legati al libero scambio. In economia potremmo tornare a una fase nazionalista, la cui dinamica appare decisamente inquietante.

Le promesse di Trump
Infine, terzo grande cambiamento, gli Stati Uniti potrebbero lanciarsi in un braccio di ferro con la Cina bloccando i prodotti cinesi a buon mercato che penalizzano le fabbriche e la produzione statunitense. Se le cose andranno così, Pechino potrebbe rispondere frenando le importazioni dagli Stati Uniti, e i due giganti potrebbero entrare in conflitto.

Quanto al fronte interno, difficile fare previsioni. Gli elettori di Trump chiedono una riduzione della disuguaglianza che ha continuato a crescere nell’ultimo quarto di secolo, ma è difficile che un multimiliardario abilissimo nel non pagare le tasse torni alla redistribuzione fiscale degli anni trenta e del dopoguerra.

Per il nuovo presidente arriverà presto il momento della verità, e non è detto che sappia come affrontarlo.

(Traduzione di Andrea Sparacino)

Segui il liveblog su Donald Trump, nuovo presidente degli Stati Uniti.

Internazionale pubblica ogni settimana una pagina di lettere. Ci piacerebbe sapere cosa pensi di questo articolo. Scrivici a: posta@internazionale.it