12 dicembre 2016 09:30

Ormai è chiaro. Quando dieci giorni fa Donald Trump ha chiamato al telefono la presidente di Taiwan (cioè della Cina nazionalista, con cui gli Stati Uniti hanno interrotto i rapporti diplomatici nel 1979 riconoscendo la Repubblica Popolare Cinese), non l’ha fatto per vanità né per ricevere i complimenti di una leader che aveva tutto l’interesse a farlo per poter avere accesso alla Casa Bianca né perché ignorava che da 37 anni gli Stati Uniti riconoscono il principio della Cina unica a cui Pechino è molto legata. Quello di Trump è stato un atto deliberato e consapevole.

L’11 dicembre, su Fox News, Trump si è spiegato. “Non voglio che Pechino mi dica cosa devo fare. Capisco perfettamente il principio della Cina unica ma non vedo perché dobbiamo essere vincolati a questa politica, a meno che non concludiamo un accordo con la Cina in altri ambiti, come il commercio”.

Con il suo gesto Donald Trump ha inviato un ultimatum a Pechino. Se i leader cinesi non accetteranno di negoziare le condizioni degli scambi con Washington e la loro politica sul mar della Cina, sul tasso dello yuan e sul sostegno al regime nordcoreano, Trump rafforzerà i legami con Taiwan, con l’altra Cina che Pechino chiede di non riconoscere a chi accetta di avere relazioni con la Cina popolare.

In sostanza Donald Trump ha mandato un messaggio chiaro ai leader cinesi, e questo messaggio somiglia molto a una giocata a poker. Non sappiamo quali saranno le conseguenze, ma di sicuro tra Washington e Pechino la tensione è destinata ad aumentare.

Verso terre inesplorate
Da un lato è difficile che i cinesi accettino di cambiare politica sotto la minaccia di un riconoscimento di Taiwan e dell’aumento dei dazi doganali statunitensi. Il presidente cinese Xi Jinping non può permettersi di rinunciare all’affermazione del suo paese nel mar della Cina, alla svalutazione della moneta e all’appoggio nei confronti di Pyongyang. Anche solo per ragioni di politica interna non può cedere davanti al nuovo presidente statunitense su punti così importanti per il suo paese. Al contempo la Cina non può accettare la chiusura del mercato americano in un momento in cui la sua economia è in crisi e dipende dalle esportazioni, soprattutto verso gli Stati Uniti.

Donald Trump si dirige verso terre inesplorate. I cinesi potrebbero metterlo davanti al fatto compiuto nel mar della Cina o aumentare il loro sostegno alla Russia, come hanno già fatto la settimana scorsa a proposito della Siria, mentre gli esportatori americani (a cominciare dal settore agricolo e da quello tecnologico) avrebbero molto da perdere dalle ritorsioni cinesi. Siamo all’inizio di un braccio di ferro. È una situazione pericolosa e del tutto incerta che potrebbe cambiare lo scenario mondiale.

(Traduzione di Andrea Sparacino)

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