09 gennaio 2017 09:50

A Teheran sale la tensione tra i riformatori e i conservatori del regime. Le prossime presidenziali si terranno tra quattro mesi, e i conservatori faranno di tutto per impedire la rielezione del presidente uscente, il riformatore Hassan Rohani, artefice del compromesso sul nucleare.

Rohani ha riportato all’attenzione nazionale la vicenda controversa di Babak Zanjani, accusato ai tempi del suo predecessore conservatore Mahmud Ahmadinejad di aver venduto petrolio all’estero aggirando le sanzioni internazionali in vigore all’epoca contro l’Iran. In quel contesto non si trattava di un fatto eccezionale, ma il problema è che erano spariti addirittura 2,8 miliardi di dollari. Zanjani, arrestato nel 2013, è stato condannato a morte a marzo.

Secondo la magistratura iraniana, controllata dai conservatori, è stata fatta giustizia, ma non agli occhi di Hassan Rohani, che a fine dicembre ha dichiarato: “Un uomo solo può davvero rubare quasi tre miliardi di dollari? Chi l’ha aiutato? Chi sono i suoi complici? Dov’è finito il denaro?”. Con queste quattro domande il presidente uscente e futuro candidato ha insinuato che il malloppo sia finito nelle casse dei conservatori e che sia servito a finanziare la prossima campagna per sconfiggerlo alle elezioni.

Risposta tempestiva
Il messaggio inviato da Rohani è stato talmente chiaro che il capo del potere giudiziario, l’ayatollah Sadegh Larijani, ha risposto immediatamente dichiarando che l’inchiesta non è chiusa, che 600 milioni di dollari sono già stati recuperati dallo stato, che il ministro degli esteri (sotto l’autorità del presidente) “non ha fatto il suo lavoro” perché non ha seguito il percorso del denaro nei paesi acquirenti del petrolio e che Zanjani ha confessato di aver versato centinaia di migliaia di dollari ai candidati delle ultime presidenziali.

In questo modo Larijani ha lasciato intendere che la campagna presidenziale di Rohani potrebbe aver beneficiato di questi finanziamenti. Il presidente ha risposto con un tweet tempestivo (oggi non c’è solo Donald Trump a sfruttare Twitter come arma politica): il governo è pronto a fare luce sui suoi conti e si aspetta che la magistratura faccia lo stesso. L’autorità giudiziaria, a sua volta, ha fatto presente che la popolazione vorrebbe sapere quanto denaro è stato speso dal presidente durante la campagna presidenziale e quale fosse la provenienza di questi fondi.

Gli iraniani sanno benissimo che i conservatori e i loro amici, i guardiani della rivoluzione (l’esercito del regime), sono stati i principali beneficiari degli affari nascosti conclusi all’epoca delle sanzioni.

Rohani attacca perché sa che sarà aggredito su più fronti, e l’ingranaggio politico iraniano è ancora più complicato dopo che una personalità autorevole come Akbar Hashemi Rafsanjani, un moderato che avrebbe potuto stabilire un contatto tra i conservatori e i riformatori, è morto d’infarto l’8 gennaio.

A Teheran la battaglia presidenziale sarà senza esclusione di colpi.

(Traduzione di Andrea Sparacino)

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