12 gennaio 2017 09:43

Sembra il più straordinario dei romanzi di spionaggio. Nessun autore avrebbe mai immaginato un presidente degli Stati Uniti ricattato dai servizi segreti russi, con scambi di informazioni durate otto anni e video che mostrano incontri a pagamento in un hotel di Mosca. Ma davvero nel caso di Donald Trump si tratta solo di un romanzo?

A questo interrogativo possiamo dare due risposte. La prima è che no, non c’è niente di vero perché non ci sono prove ma solo un rapporto commissionato dagli avversari repubblicani di Trump a un ex agente britannico che ha lavorato a Mosca prima di passare a un’agenzia investigativa privata. Questo rapporto circolava da qualche tempo nelle redazioni e nelle sale della politica americana, e il fatto che il sito Buzzfeed abbia deciso di renderlo pubblico 36 ore fa non basta a dare la minima credibilità al documento.

Quindi non c’è niente di vero? Non è detto, perché i servizi statunitensi avevano giudicato queste informazioni abbastanza importanti da riassumerle in un promemoria di due pagine consegnato a Trump, a Obama e alle alte cariche del congresso. Gli agenti americani non hanno validato queste informazioni, ma di sicuro le hanno considerate più rilevanti di una semplice opera di fantasia.

Fantasia e realtà
La situazione è ambigua. Forse i servizi hanno pensato che queste voci avrebbero potuto avere un impatto politico e dunque era il caso di avvertire le più alte cariche dello stato. È possibile, ma resta il fatto che uno degli ex collaboratori di Trump, Paul Manafor, ha lavorato a Kiev per individui vicini al Cremlino e il candidato repubblicano non è mai stato avaro di complimenti nei confronti di Vladimir Putin, che dal canto suo l’ha ricompensato colpendo Hillary Clinton con il furto e la diffusioni di email interne della sua campagna elettorale.

Non ci sono prove, ma questo romanzo potrebbe non essere interamente un’opera di fantasia.

Cosa può accadere adesso? Di solito in queste situazioni non si usa scoprire tutte le carte. Si rende pubblico un pezzo del dossier per destabilizzare la persone coinvolta – che smentisce con forza (come ha appena fatto Trump) – e solo in seguito si fa uscire una nuova serie di rivelazioni. Se sarà questo il caso e davvero stanno per arrivare le prove, non è improbabile che Donald Trump sia immediatamente destituito. Ma non siamo ancora arrivati a questo punto.

Oggi siamo al punto che un presidente il 20 gennaio si insedierà nel caos più totale, perché sulla sua testa pende un enorme punto interrogativo. In futuro Donald Trump non potrà riavvicinarsi al Cremlino senza alimentare il sospetto, anche perché ha finito per ammettere che sono stati i russi a rubare le email dei democratici e l’amico di Putin da lui nominato segretario di stato ha appena dichiarato davanti al congresso che la Russia è “un pericolo di cui gli alleati della Nato hanno ragione di preoccuparsi”.

(Traduzione di Andrea Sparacino)

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