27 febbraio 2017 10:09

La situazione è seria. Non stiamo parlando di una raffica di tweet né di un’improvvisazione dai toni infiammati davanti a una platea di sostenitori. Il 28 febbraio Donald Trump parlerà davanti alle due camere del congresso, al governatore e alla corte suprema. Sarà il suo primo discorso da presidente dopo quello del giuramento, e se non vorrà apparire definitivamente come un folle irresponsabile dovrà superare le sue contraddizioni e dichiarare cosa intende fare del suo mandato.

Negli Stati Uniti e all’estero c’è grande attesa. Innanzitutto, cosa pensa Trump dell’Unione europea? Vuole trattarla da alleato o da concorrente economico che vorrebbe veder sparire?

Non è chiaro, perché il presidente ha da poco dichiarato all’agenzia Reuters che l’Unione è “fantastica” e che è “totalmente favorevole” alla sua esistenza, mentre fino a poco tempo fa parlava della Brexit cone una cosa “meravigliosa”, augurandosi il fallimento dell’unità europea e vantandosi di aver nominato come ambasciatore a Bruxelles un uomo che non nasconde il suo disprezzo per l’Unione. A quanto pare il vicepresidente Mike Pence ha fatto cambiare idea sull’Europa a Trump, ma non sappiamo fino a che punto e per quanto tempo.

Il secondo tema che alimenta l’attesa per il discorso di martedì è la Russia. Mosca vorrebbe diventare il primo partner di Trump, che in più di una occasione ha dichiarato la sua ammirazione per Vladimir Putin. Sulla Russia Trump vorrebbe cambiare la tradizionale posizione della diplomazia statunitense, ma il suo principale consulente per la sicurezza nazionale è stato costretto a dimettersi a causa dei legami troppo stretti con l’ambasciatore russo a Washington. Il suo successore, il generale Herbert Raymond McMaster, considera Mosca una grave minaccia per gli Stati Uniti.

Putin non ha grandi motivi per gioire, e potrebbe pentirsi di essersi adoperato per favorire l’elezione di Trump

Inoltre la nuova rappresentante statunitense alle Nazioni Unite ha sorpreso piacevolmente i più grandi critici di Vladimir Putin dichiarando che non ci sarà alcuna cancellazione delle sanzioni economiche contro la Russia fino a quando la Crimea non sarà restituita all’Ucraina. Nel fine settimana il dipartimento di stato ha invitato il Cremlino a far cessare i combattimenti in Ucraina orientale.

Oggi sembra che la Casa Bianca abbia ripreso il braccio di ferro con la Russia, come dimostra il fatto che Trump ha annunciato venerdì che intende rilanciare la corsa agli armamenti nucleari e mettere in atto “il più grande sforzo militare della storia americana”.

Putin, insomma, non ha grandi motivi per gioire, e potrebbe pentirsi di essersi adoperato per favorire l’elezione di Trump, anche perché sembra che l’attuale presidente intenda ispirarsi a Ronald Reagan: rilancio keynesiano attraverso l’aumento della spesa militare, deregolamentazione, taglio delle tasse e alleanza con la destra religiosa.

L’esperienza conta
Se martedì Trump esporrà questa visione sancirebbe la grande sconfitta dell’estrema destra rappresentata alla Casa Banca da Steve Bannon, con la vittoria di una destra repubblicana più classica. Questo confermerebbe la tesi secondo cui Trump non aveva mai davvero creduto di poter diventare presidente: secondo questa tesi Trump, totalmente impreparato alla vittoria, ha inizialmente continuato sull’onda lunga della sua campagna elettorale, ma a questo punto ha capito di doversi affidare a conservatori più esperti di lui.

Sarebbe una notizia rassicurante. Non esattamente il trionfo dell’innovazione e dell’immaginazione di cui il nuovo secolo avrebbe bisogno, ma quanto meno avremmo una rottura rispetto alla confusione delle ultime settimane. Sarebbe uno sviluppo salutare, ma ancora non sappiamo cosa dirà Trump sulla Cina, sul libero scambio, sulla Corea del Nord e sul suo progetto di investimento massiccio nelle infrastrutture, difficilmente compatibile con “il più grande sforzo militare della storia americana” di cui parla da tre giorni. Il budget, si sa, non si può inventare.

(Traduzione di Andrea Sparacino)

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