02 marzo 2017 09:41

E ora? Non parliamo della Francia, la cui immagine internazionale raramente è stata sconfortante come oggi, ma dell’Europa, presto a 27 e non più a 28 perché il Regno Unito si prepara a uscire ufficialmente dal club.

A causa della Brexit ma anche dell’ascesa dei partiti eurofobici, dell’ambiguità del presidente statunitense nei confronti dell’unità europea, del caos in Medio Oriente, della pressione russa in Ucraina e delle divisioni tra gli stati che vorrebbero serrare i ranghi e quelli che sono contrari, sul vecchio continente pende un grande interrogativo, a cui il presidente della Commissione europea Jean-Claude Juncker ha cercato di rispondere il 1 marzo in un libro bianco.

Secondo Juncker ci sono cinque possibili opzioni per l’Unione. La prima sarebbe quella di non cambiare niente, di non fare nulla di più e nulla di meno rispetto a quello che si fa adesso e di non toccare le istituzioni attuali. La seconda sarebbe quella di abbassare il tiro focalizzandosi sul mercato unico e su una zona di libero scambio abbandonando la maggior parte dei grandi passi avanti comunitari.

La terza sarebbe quella di fare meno cose in comune ma meglio, concentrandosi su elementi prioritari e rinunciando all’ambizione di unificare progressivamente l’Unione attraverso leggi, norme e regolamenti. La quarta sarebbe quella di marciare compatti e con decisione verso uno stato federale e gli Stati Uniti d’Europa. La quinta, infine, sarebbe quella di accettare un’Europa a più velocità, l’Europa “differenziata” che ha il favore di Parigi, Roma, Berlino, Madrid, Bruxelles, Lussemburgo e L’Aja, e in cui chi vuole avanzare verso un’unificazione potrebbe farlo senza che gli altri siano obbligati a seguire o possano opporsi.

Ognuno per la sua strada?
Ufficialmente Jean-Claude Juncker non ha espresso una preferenza, accontentandosi di presentare queste cinque opzioni che sono effettivamente le cinque strade che l’Europa può intraprendere, perché persino i più eurofobici non propongono di mettere in discussione il mercato unico. Ma questo libro bianco, in realtà, non ha nulla di neutrale. Il suo obiettivo è quello di spingere ciascuno dei 27 paesi a esprimere la propria posizione per poi procedere, senza drammi e una volta constatate le divergenze, verso l’Europa differenziata.

Polonia e Ungheria, almeno per il momento, non vogliono avanzare verso un’Europa politica. Bene, libere loro di non farlo, ma liberi gli altri di investire in una difesa comune e nell’armonizzazione della fiscalità e della protezione sociale, liberi di andare per la loro strada senza tentennamenti per non lasciare l’Unione in panne per mancanza di unanimità.

È quello che diranno lunedì prossimo a Versailles i leader di Francia, Spagna, Germania e Italia, ed è su questa via che si incamminerà l’Unione il prossimo 25 marzo a Roma, in occasione dell’anniversario del suo primo trattato. È questo il percorso che verrà seguito, ma resta un grande punto di domanda perché nessuno sa dove sta andando la Francia, con la divisione della sua sinistra, lo scoppio della destra e una campagna presidenziale come non si era mai vista prima.

(Traduzione di Andrea Sparacino)

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