02 maggio 2017 10:24

Ho risposto troppo frettolosamente. Un grande quotidiano europeo – La Stampa – mi ha chiesto se ci sono delle ragioni specificamente francesi per spiegare il fatto che l’estrema destra sia riuscita a eliminare la destra al primo turno delle elezioni presidenziali francesi e che possa ottenere circa il 40 per cento dei voti al secondo turno, il 7 maggio.

Avevo detto che no, non ce ne sono, perché avevo in mente – probabilmente per deformazione professionale – tante situazioni simili in altri paesi, ma in realtà mi sbagliavo. Avevo torto perché in Francia l’estrema destra affonda le sue radici in tre momenti di divisione nazionale che continuano a influire pesantemente sul dibattito politico.

Il più remoto, e ormai meno sentito, rimane la rivoluzione. Sì, quella del 1789, da cui nacque la repubblica – la “stracciona” come la chiamavano alcuni – che ha impiegato quasi un secolo a stabilizzarsi, poiché una parte del paese ha continuato a lungo a rifiutare la fine di un ordine secolare e monarchico fatto di diritto divino e di alleanza tra il potere e la chiesa.

Dal collaborazionismo alla guerra d’Algeria
Oggi nessuno contesta più la repubblica, ma la grande battaglia che ha attraversato tutto l’ottocento ed è proseguita agli inizi del novecento contrapponendo i partiti del cambiamento e quelli della tradizione ha caratterizzato per molto tempo la vita politica del paese e ha lasciato delle tracce che non sono scomparse del tutto.

Molto più presente, la seconda di queste divisioni storiche è quella del collaborazionismo con i nazisti. Tra la Francia di Charles De Gaulle e del governo in esilio a Londra, da una parte, e quella collaborazionista di Vichy, dall’altra, la ferita non si è mai rimarginata. Per questo motivo Jean-Marie Le Pen non ha perso occasione di minimizzare i crimini del nazismo e di relativizzare gli orrori dell’occupazione, e sua figlia ha potuto affermare di recente che il rastrellamento del Vel’d’hiv (nel 1942 a Parigi la polizia francese catturò e trasferì nel velodromo d’inverno più di 13mila ebrei che furono poi deportati nei campi di concentramento tedeschi) non ha nulla a che vedere con la polizia francese, mentre si continuano a scoprire neonazisti nelle file del Front national (Fn) o addirittura ai suoi vertici.

Quanto alla terza divisione in cui l’estrema destra affonda le radici, si tratta ovviamente della guerra d’Algeria. L’estrema destra era contraria alla decolonizzazione dell’Algeria francese e non ha mai perdonato l’indipendenza algerina né ai gaullisti né alla sinistra.

Il grande paradosso è che quella stessa destra che oggi considera l’islam come una minaccia continua a rammaricarsi che la Francia abbia rinunciato a 40 milioni di musulmani, cioè l’attuale popolazione dell’Algeria.

Dagli Stati Uniti all’Ungheria esiste la stessa paura e lo stesso rifiuto di un mondo nuovo che non si capisce

La domanda allora è la seguente: che cosa conta di più nella forza dell’Fn, la Francia di ieri o il mondo di oggi?

La risposta è il mondo di oggi, perché sia negli Stati Uniti sia in Russia, in India, in Israele, in Polonia, in Austria, nel Regno Unito o in Ungheria si ritrova la stessa paura e lo stesso rifiuto di un mondo nuovo che cambia radicalmente i punti di riferimento, che non si capiscono e che spingono a questa vana e pericolosa nostalgia delle frontiere e del nazionalismo.

In realtà, il grande dibattito internazionale, che va ben oltre il peso reale della storia nella politica francese, è tra chi vorrebbe poter negare la realtà di un nuovo secolo e chi invece vorrebbe affrontarla per gestirla.

(Traduzione di Andrea De Ritis)

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