23 maggio 2017 11:12

Donald Trump ha fatto una scelta. Tra sunniti e sciiti, tra l’Arabia Saudita e l’Iran, tra le due grandi correnti dell’islam e le due potenze che le rappresentano, il presidente americano ha scelto la maggioranza sunnita contro la minoranza sciita.

Lo ha detto chiaramente il 21 maggio a Riyadh, dove il re Salman lo ha ricevuto come amico e protettore. Lo ha ripetuto il giorno dopo quando è arrivato in Israele. Per Trump l’Iran è il nemico da abbattere, incarnazione e organizzatore del terrorismo. Trump riporta la politica statunitense ai tempi dopo la caduta dello scià e chiude la parentesi aperta da Barack Obama, che si era rifiutato di partecipare a questa guerra di religione scommettendo su una democratizzazione dell’Iran e sulla normalizzazione dei rapporti tra Teheran e gli Stati Uniti.

Ma quali sono i motivi della scelta di Donald Trump? La risposta è complessa, perché tutto dipende dal numero di anni che prendiamo in esame, se pensiamo a medio o a lungo termine. Per il momento l’Iran resta una forza di destabilizzazione la cui politica è in gran parte responsabile del caos in Medio Oriente.

Le ingerenze di Teheran
Senza l’appoggio militare e finanziario di Teheran, Bashar al Assad già nel 2011 (anno delle prime manifestazioni contro il suo regime) avrebbe dovuto scendere a patti con le aspirazioni democratiche del suo popolo e non ci sarebbero stati 300mila morti e cinque milioni di rifugiati, il rafforzamento del gruppo Stato islamico e la completa distruzione del paese.

Senza il sostegno iraniano all’organizzazione politico-militare degli sciiti libanesi, Hezbollah, il Libano non sarebbe spaccato e la frontiera con Israele non sarebbe il confine dei pericoli. Senza le armi e il denaro iraniani le milizie sciite irachene non sarebbero così potenti e l’Iraq non sarebbe allo sbando. Senza l’ingerenza iraniana lo Yemen non sarebbe diventato un campo di battaglia tra Riyadh e Teheran. Se l’Iran non avesse voluto sfruttare le popolazioni sciite per ripristinare l’influenza e la dominazione religiosa dell’antica Persia, tutto il Medio Oriente non sarebbe in guerra.

Non è l’Iran ma l’Arabia Saudita a esportare l’oscurantismo a colpi di petrodollari

Se pensiamo alla situazione attuale, insomma, Donald Trump sembra avere ragione, ma oltre al fatto che la volontà iraniana di difendere le minoranze sciite non è moralmente sbagliata, lo sciismo, questa specie di protestantesimo dell’islam, è infinitamente più moderno e intellettualmente libero del sunnismo.

Non è l’Iran ma l’Arabia Saudita a esportare l’oscurantismo a colpi di petrodollari. Velo contro velo, è molto meglio essere una donna a Teheran che a Riyadh, e l’Iran, come ci hanno appena ricordato le elezioni presidenziali, è agli albori di una transizione democratica da cui l’Arabia Saudita è molto lontana.

A medio e lungo termine l’Iran è una potenza del cambiamento e della libertà, mentre l’Arabia Saudita resta ancorata a un’esaltazione reazionaria del passato da cui non uscirà senza violenza, sempre che ne esca. In Medio Oriente la scelta è tra due realismi: quello del presente e quello del futuro.

(Traduzione di Andrea Sparacino)

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