02 ottobre 2014 16:23

Una manifestazione a Rio de Janeiro a favore del diritto all’aborto, il 27 luglio 2013 (Pilar Olivares, Reuters/Contrasto)

Il 28 settembre centinaia di persone hanno manifestato a São Paulo e a Rio de Janeiro per chiedere la legalizzazione dell’interruzione di gravidanza. In Brasile una donna può abortire legalmente solo per due motivi: quando la gravidanza mette in pericolo la vita della madre e quando è la conseguenza di uno stupro. In tutti gli altri casi, l’aborto è illegale e può essere punito con il carcere. Molte donne vittime di violenza sessuale hanno comunque difficoltà a interrompere la gravidanza: quando arrivano in ospedale, tanti medici non credono alla loro versione dei fatti e non accettano di effettuare l’intervento chirurgico.

Come sostiene l’Organizzazione mondiale della sanità, ogni due giorni una brasiliana muore in seguito a un’interruzione di gravidanza clandestina. Ma nonostante questo, i principali partiti politici del paese preferiscono voltare la testa dall’altra parte. E nessuno dei tre candidati alla presidenza alle elezioni del 5 ottobre ha inserito nel suo programma di governo una riforma della legge in vigore dal 1940.

Un atteggiamento che secondo il giornalista e scrittore Luiz Ruffato non risponde necessariamente alle convinzioni etiche e personali dei singoli candidati, ma è una concessione alle pressioni dei gruppi religiosi che muovono milioni di voti. Non dimentichiamo che in Brasile i cattolici e gli evangelici rappresentano il 76 per cento della popolazione.

Il 5 ottobre i brasiliani andranno alle urne per eleggere il nuovo presidente. Lo scenario più probabile è un secondo turno al femminile tra la presidente uscente Dilma Rousseff (del Partito dei lavoratori) e la candidata evangelica e ambientalista Marina Silva, in corsa per il Partito socialista dopo la morte improvvisa ad agosto di Eduardo Campos. Se Marina Silva si è dichiarata apertamente contraria all’aborto, “perché la società brasiliana sa che è un problema complesso che ha implicazioni morali, filosofiche e spirituali”, Rousseff si è detta favorevole all’interruzione di gravidanza negli ospedali pubblici per motivi medici e legali, senza però accennare a una riforma più radicale della legge.

Intanto, mentre il gigante sudamericano aspetta di sapere chi sarà a guidarlo per i prossimi quattro anni, tutti i giorni brasiliane di ogni religione si sottopongono a un aborto clandestino.

Negli altri paesi dell’America Latina e dell’America Centrale la situazione dell’aborto è questa:

Camilla Desideri lavora a Internazionale dal 2003. È l’editor dell’America Latina. Su Twitter: @camdesi

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