07 ottobre 2016 15:37

Servono tanti superlativi per descrivere che cosa ha rappresentato il comico Bassem Youssef per l’Egitto durante la rivoluzione del 2011. Il suo umorismo e il suo modo di chiedere conto ai potenti – dal presidente Hosni Mubarak ai Fratelli musulmani o al generale Abdel Fattah al Sisi – hanno portato lo spirito rivoluzionario nelle case degli egiziani. Il suo show televisivo settimanale El bernameg (Il programma) è diventato in pochi mesi, con i suoi trenta milioni di spettatori a puntata, uno dei più visti al mondo. L’idolo assoluto di Bassem Youssef, il famoso comico americano Jon Stewart, può vantare “solamente” due milioni di spettatori a puntata. Il documentario Tickling giants della statunitense Sara Taksler, produttrice del programma di Stewart, ripercorre la storia di questo comico, diventato un simbolo suo malgrado.

Spesso i comici non fanno ridere quando li si incontra di persona e possono essere addirittura taciturni. All’inizio del documentario, Bassem è invece sempre sorridente e solare: è evidente che fare il comico ha risvegliato in lui un’energia incredibile, e che finalmente riesce a esprimere la sua vera natura. Come per milioni di egiziani, la rivoluzione politica è stata per lui una liberazione personale.

Prima di allora Youssef era un cardiochirurgo di successo, abbastanza ricco, con una bella moglie e una bambina piccola. Poi è arrivata piazza Tahrir. Quest’aria di libertà lo sconvolge: abbandona la professione medica per fare il comico a tempo pieno. Comincia con un amico nella sua lavanderia, riprendendo la formula dell’americano Jon Stewart, che commenta l’attualità in chiave satirica. Alla prima puntata è già un successo. Bassem Youssef cavalca l’onda della libertà di stampa che si crea subito dopo la rivoluzione e il suo successo sembra inarrestabile. Lo ingaggia una delle principali reti televisive egiziane, la Cbc, mette in piedi una squadra di una ventina di persone, nasce El bernameg.

Nessuno osa come lui, nessuno ha successo come lui, diventa un simbolo, un’icona, forse è perfino troppo per un comico

Tickling giants racconta questo avvio folgorante attraverso gli occhi di una statunitense, e ha così la distanza necessaria per rendere in pieno l’assurdità della situazione. Perché nell’Egitto di Al Sisi, si chiede la regista, le storie di successo non possono esistere?

L’amicizia tra Jon Stewart, che lavora in tutta tranquillità nel suo paese, e Bassem Youssef, per il quale raccontare barzellette diventa via via sempre più pericoloso, è uno degli elementi chiave del film: attraverso la loro relazione, tra una battuta e l’altra, il concetto astratto di “libertà di stampa” diventa terribilmente concreto.

Bassem Youssef, star assoluta in Egitto e anche nel resto del mondo arabo, è entusiasta quando incontra Stewart negli Stati Uniti e meravigliato dal contesto nel quale opera il comico statunitense, che non rischia la propria vita o quella dei suoi collaboratori a ogni battuta critica verso il potere

Bassem Youssef con Jon Stewart al Daily Show

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Uno dei maggiori ostacoli per Youssef è la solitudine a cui lo condanna la sua eccezionalità. Nessuno osa come lui, nessuno ha successo come lui, diventa un simbolo, un’icona, forse è perfino troppo per un comico. In un tweet, il fotografo Timothy Kalda scrive che a volte sembra che Youssef si faccia carico dell’intero movimento di opposizione: “Due anni e mezzo dopo la rivoluzione siamo ancora lì, che ci sediamo obbedienti sul divano di casa il venerdì sera sperando che un attore critichi il governo al posto nostro”.

Alla quarta stagione del programma, quando ormai il paese è nelle mani del generale Al Sisi, una sera, dopo qualche minuto di show, la Cbc oscura gli schermi televisivi come in una scena di V per Vendetta. Youssef è trascinato in tribunale con l’accusa di non avere rispettato il suo contratto con il canale. Perde il processo e lo condannano a pagare cento milioni di sterline egiziane (sentenza poi annullata in cassazione nel gennaio del 2016), una tecnica spesso usata nelle dittature per azzittire il dissenso.

Youssef non vuole rischiare per la gente che lavora con lui, per la sua famiglia: “In generale, la fama rende le persone più egocentriche, nel mio caso mi ha reso solo più pauroso”, spiega.

Davanti alla pressione economica, alle manifestazioni di protesta “spontanee” che lo accusano di essersi venduto agli Stati Uniti, e al processo a cui è stato sottoposto, il comico decide di partire, senza sapere se sarà arrestato o meno.

Youssef non è l’unico a pagare un prezzo alto per la libertà di espressione in Egitto. Centinai di giornalisti e di oppositori sono dietro le sbarre, l’Egitto vanta oggi uno dei peggiori record per quanto riguarda i diritti umani. Ma Youssef, come tutti coloro che si battono con le armi dell’umorismo, fa ancora più paura.

Oggi Bassem Youssef si esibisce in teatri colmi in giro per il mondo, tiene lezioni sulla libertà di stampa intitolate “La battuta è più potente della spada”.

A un incontro organizzato dal Comitato per la protezione dei giornalisti (Cpj), Jon Stewart gli chiede: “Che cosa vorresti dire a chi ti censura?”.

E lui risponde: “Di che cosa avete paura?”.

Il documentario “Tickling giants” di Sara Taksler sarà proiettato sabato 8 ottobre alle 21.00 al Palazzo delle Esposizioni di Roma all’interno del programma di Mondovisioni a Roma.

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